giovedì 26 aprile 2012

In “Ying Wo” fino a Fenghuang

La prima di una lunga serie di vasche in treno
Jishou, Cina (Km.1303). Nelle ore precedenti la partenza per Jishou la curiosità era tutta incentrata su quei quattro simboli che sul biglietto descrivono i nostri posti come “Ying Wo” o “Hard sleeper”, come viene tradotto in inglese.
Mi ero già preparato psicologicamente al peggio: nella mia testa “Hard sleeper” vuol dire una panca di legno in cui l'unico confort è rappresentato dal privilegio di poter stendere le gambe, privilegio non da poco considerando che la meta è separata da Guangzhou da ben 16 ore di viaggio! 
Il vagone visto dalla mia branda
La stazione di Guangzhou è triste, sporca ed ancora parecchio affollata, considerando che il treno parte alle 23.30 e che di conseguenza mi accomodo in una delle enormi sale d'attesa in un orario che non può certo essere considerato di punta.
Io e M. siamo gli unici stranieri in tutto il terminal.
In stazione si può entare solo provvisti di biglietto ed una volta dentro non è possibile uscire, non resta altro da fare quindi che rimanere in attesa dell'ennesimo controllo biglietti prima di accedere allo scompartimento assegnatoci, il quale ricorda molto i vecchi treni delle nostre FF.SS sia per forma che per odore e dove sorprendentemente scoprirò che i famosi “Hard sleepers”, lungi dall'essere particolarmente “hard”, sono in effetti piuttosto morbidi e confortevoli, tanto che non avrò alcuna difficoltà ad addormentarmi per gran parte del viaggio.
Nella carrozza sovraffollata i cinesi mi guardano con curiosità, forse chiedendosi cosa ci faccia un muso bianco come me su di un treno di seconda classe diretto in un posto insulso come Jishou, nella parte occidentale della provincia dell'Hunan. Alcuni provano anche a domandarmelo, o almeno credo, visto che lo fanno in cinese.
Nessuno di essi ha portato qualcosa da leggere, un libro, un giornale, niente. La maggior parte della gente passa le 16 ore di viaggio sonnecchiando, guardando fuori dal finestrino o al limite riunendosi in rumorosissimi tornei di carte, le cui urla fanno da sottofondo per tutto il tempo assieme alla terrificante musica melodica cinese sparata dagli altoparlanti anche in piena notte ed al costante caricare di sputi (un vizio tutto cinese!) che poi vengono immancabilmente convogliati nel già non propriamente intonso corridoio.
Arriviamo a destinazione intorno alle quattro del pomeriggio, nemmeno il tempo di dare un rapido sguardo allo squallore di Jishou, che siamo già sul primo bus disponibile per la nostra vera meta, Fenghuang, ad un'ora e mezza in direzione sud.

Due americani sul fiume Tuo
Fenghuang, Cina (Km.1346). Fenghuang è stata scovata quasi per caso: originariamente infatti il programma prevedeva di viaggiare lungo la costa orientale fino a Shanghai, tragitto lungo il quale però non pareva esserci niente di particolarmente attraente, si è scelto quindi di raggiungere la metropoli passando dall'interno e, per l'appunto, da Fenghuang, una bella e storica cittadina lungo il fiume Tuo, una meta turistica parecchio popolare tra i cinesi, ma evidentemente ancora poco conosciuta agli occidentali, lo si capisce dagli sguardi incuriositi della gente, dall'assenza di una benchè minima scritta in caratteri latini e dalla gentilezza della popolazione locale verso noi “americani” (l'occidentale qui è americano a prescindere, un po' come quando da noi diamo del “cinese” a qualsiasi persona con gli occhi a mandorla).
Fenghuang di notte
Fenghuang è bella di giorno, ma dà il meglio (e il peggio) a partire dal tramonto: tutti gli edifici lungo il fiume, i ponti e le antiche mura vengono illuminate, riflettendosi nelle acque calme del fiume Tuo. Scene di pace e tranquillità, si direbbe dalle foto: manco per il cazzo! Col tramonto prendono vita decine di locali di karaoke che sparano musica a tutto volume e si animano altrettante discoteche lungo il fiume, che ammorbano l'aere con delle terribili tamarrate rese ancor più disturbanti dai vocalist che sparano minchiate in cinese ogni dieci secondi, ed è inutile cercare rifugio al “Silencioso Cafè”, forse l'unico locale per l'appunto “silencioso”, i due tamarrai che lo affiancano vi faranno venire il mal di testa in ogni caso (soprattutto se ci si schianta di Chivas come il sottoscritto).
Non resta quindi altro da fare che cercare di fuggire dal macello dedicandosi all'attività fotografica in una città effettivamente parecchio fotogenica, tanto che anche centinaia di turisti a mandorla si scatenano - rigorosamente piazzando un parente davanti al panorama - possibilmente vestito con un costume tradizionale preso a noleggio (se è una donna) oppure con una finta uniforme dell'esercito di Taiwan (???) se è un uomo e fa niente se fra la Cina Popolare e Taiwan scorra tutt'altro che buon sangue, questi si divertono tantissimo ugualmente!
Nella tarda mattinata del terzo giorno si prende il primo bus disponibile per tornare nell'orribile Jishou e sorbirsi l'ennesima vasca da 20 ore. Destinazione: Xi'an.

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