martedì 21 gennaio 2014

Donde esta Pedro? Pedro esta a dormir

Disclaimer: tutti i post dal Centro America verranno farciti di espressioni in pseudo-spagnolo senza alcun apparente motivo

Innanzitutto spero apprezziate il fatto che non ho intitolato “Messico e nuvole” il primo post dalla terra dei Maya, che sarebbe stato imbarazzante un po' quanto piazzare uno status “London Calling” su feisbuc prima di prendere un volo Orio al Serio-Gatwick.

Poi: Sono a Cancun, parliamone.
Perchè sto posto è famoso, qualcuno me lo spiega? Cioè, la parte “bella” è una trappola per yankees obesi, ovvero una fila di casermoni-hotel dai prezzi improponibili che oscurano uno spiaggione senza infamia e senza lode, mentre la città di Cancun vera e propria è un cesso di posto facilmente dimenticabile.
Io ho ovviamente evitato come la peste la Zona Hotelera, per piazzarmi in un ostello in centro, dove l'unica attività ammessa a parte pezzare, pare essere ammazzarsi di cervecitas in compagnia di giovani gringos festaioli. Il mare poi è a tipo 3km, quindi nemmeno che dici “vabbè vado a collassare in spiaggia”, no, nein, niet! Troppo sbatti.
I locals poi sono lo stereotipo del messicano lento e svogliato: l'altro giorno ero al baracchino per comprare un bagnoschiuma sfoderando il peggiore degli spagnoli:

- Hola chica, necesito el jabon por lavarme
(Faccia perplessa della chica)
- Si zia, el jabon, como se dice? (mimo uno che si fa la doccia)
(La chica compriende e cooooooooon caaaaaaaaaaaaaaalma aggira il bancone per mostrarmi dove ha imboscato il bagnoschiuma.
- Soy sesenta y cinco pesos senor (da leggere lentissimamente) 
- Si zia, io te li do sti 65 pesos, però te vedi di darti una svegliata, comprati un caffè, una redbull, fai qualcosa, ma ripigliati che mi sembri uno dei topi dei cartoni animati che fanno la siesta.

Ergo, viste le scarse alternative sono volato senza esitazione fuera da los cojones in direzione ovest, nello Yucatan, per vedere qualche fregnaccia Maya e per tirare su una batteria di scappati di casa con cui smezzare le spese di trasporto, tutt'altro che basse.
E ora via, verso la parte veramente interessante della zingarata messicana: il Chiapas, alla ricerca del Subcomandante Marcos.

lunedì 13 gennaio 2014

Il ritorno der monnezza - Parte seconda

Come accennato nel post precedente, Vancouver è un gran posto dove piazzare le tende, certo però che pure qui ci sono problemi, se uno proprio vuole rompere i coglioni si può dire che:
1) E' cara come il clero in fiamme: anzi vi dirò di più, è la città più cara del Canada, soprattutto per quanto riguarda la pappa e le case e questo, ai giovani, non piace.
2) Il clima è il più mite del paese, è l'unica città del Canada infatti dove non fa un freddo fottuto durante l'inverno e voi direte bene, giusto? Si, bene, ma non benissimo, visto che l'intera popolazione canadese di barboni, drogati e punkabbestia ha deciso di radunarsi da ste parti – evitando l'infame inverno delle provincie ad est delle British Columbia - per grufolare e farsi come i caimani

Che poi qua pare che farsi come dei cani sia lo sport cittadino anche al di fuori della comunità squat: giri per strada e ti arrivano certe zaffate di ganja che pare di stare in Jamaica... c'è genuinità insomma.
La cosa comunque non mi tedia minimamente, fintanto che i robbosi non decidono di evadere dal ghetto di Hastings Street per venire a rompere la minchia a casa mia.
In origine era la coppia punk: lui ci stava anche dentro, anche se si vestiva come un punk londinese degli anni 80 e si tagliava gli avambracci con le lamette come un bambino depresso, mentre la sua “graziosa” fidanzatina invece preferiva fare l'adolescente problematica e piantare il muso a tutti senza distinzione, come se a qualcuno gliene potesse fregare qualcosa.
Entrambi avevano la tediosa abitudine di vivere come lebbestie, ma la cosa è stata nel limite della sopportabilità, dato che dopo tipo 2 settimane dal mio arrivo hanno saggiamente deciso di levarsi dalle palle per andare a rotolarsi nel fango a Chilliwack, 100km a est di Vancouver.

La gioia e il gaudio sono però durati poco, per l'esattezza fino all'arrivo della Maledetta Grassona.
La suddetta - iddio la fulmini – è una donna dimmerda ed i suoi amichetti del cazzo sono ancora peggio: all'inizio vabbè, invitava gente, tanta gente, troppa gente, tutti rigorosamente sconosciuti e asociali. Robbosi che entravano, zozzoni che uscivano, tutto ad ogni ora del giorno e della notte e già li a me e agli altri coinquilini sono cominciati a girare i coglioni a elica, ma vabbè.
Poi lemmerde sono passate alla fase due: scavallare la pappa e le mie preziose birrette in frigo: bestemmie e casa tappezzata di cartelli per invitare lemmerde a mettersi le mani nel culo.

Il culmine lo si è avuto quando, nel giro di 2 o 3 giorni:
1) sono spariti due paia di scarpe
2) è sparita la playstation con l'amata copia di GTA V con cui amavamo passare le serate a giocare ed ammazzarci di birrette.
3) è sparita la tv
4) la Maledetta Grassona ha avuto la geniale idea di subaffittare la camera a due rifiuti umani che grufolavano amabilmente per casa mentre tutti eravamo a scuola/lavoro.

Inutile dire che la Maledetta Grassona è stata ramazzata fuori di casa tempo zero assieme ai suoi amichetti dimmerda, lasciandoci una camera in condizioni a dir poco vergognose.
Solo al terzo tentativo quella stanza ha avuto pace, ospitando un coinquilino decente, per la gioia mia, dello sbarbato canadese e di Belle Chiappette, un esemplare di teenie tutta caruccia e delicata, che però proprio l'altro giorno si è dimenticata in doccia un fallo in pvc a 4 velocità dalle proporzioni equine, rimediando immediato rispetto nella casa e anche nel quartiere (cit.).
O perlomeno, oso sperare che fosse suo, non voglio nemmeno immaginare che il grazioso gingillo possa appartenere a uno degli altri due maschioni pelosi.

Comunque si, belli e simpatici i coinquilini, però mobbastaveramente, mi son davvero rotto il cazzo di avere gente che mi gira per casa e non lava i piatti, son troppo vecchio per ste cose, quindi al mio rientro in terra canadese si migrerà istantaneamente verso accomodation più consone ad una situazione a lungo termine.
Ora però scusate, ma me ne vado al massimo / me ne vado in Messico.
Ci sentiamo da laggiù.

domenica 5 gennaio 2014

Il ritorno der monnezza - Parte prima

Ok ok, forse è il caso di tornare a scrivere qualche vaccata, che saran sei mesi che non aggiorno.
Abbè, punto della situescion in estrema sintesi è questo: sono a Vancouver, in Canada, e voglio rimanerci.

E' finito il tempo delle mele e del cazzeggio, la priorità numero uno al momento è piazzare le tende in pianta stabile in un qualsiasi punto del paese. Certo, si fa presto a dire piazzare le tende, questo è un paese civile, mica siamo nella terra della pizza e del mandolino dove basta arrivare col barcone ed è tutto dovuto, ma siamo fiduciosi, la cosa può essere fattibile.
Ma andiamo con ordine: grazie a quei miserabili degli sbirri australiani ho perso la possibilità di arrivare già bello pronto per lavorare con un working holiday visa, in quanto i suddetti ci han messo una vita e mezza a spedirmi uno dei 4 (quattro!) certificati penali richiesti dal governo canadese (uno per ogni paese dove ho vissuto per più di 6 mesi) per attestare che sono un bravo bambino.
Certificato in ritardo e visto per il 2013 perso: bestemmie.
Non tutto il male viene però per nuocere: data la zero voglia di rimanere nella cara e vecchia Europa per un ulteriore anno e la fotta di levare le tende tempo zero, ho colto l'occasione per soddisfare un vecchio pallino che avevo in testa da un po', ovvero tornare a scuola, non tanto per imparare finalmente la tabellina dell'8, quanto per schiodarmi dalle tediose carriere nell'hospitality e buttarmi nel meraviglioso mondo della cinematografia o perlomeno in una delle sue ramificazioni. Localizzata una scuola che non fosse la malfamata Vancouver Film School da 50mila dollari l'anno ho tirato gennaio imparando l'antica arte del girare e montare video di stampo documentaristico in compagnia di un manipolo di scappati di casa tra cui spiccano:

La vecchia: una ex-hippie degli anni 60, tanto cara e gentile, ma che ogni tanto avrei preso a badilate per la sua tendenza a tirare in mezzo delle cause ambientaliste a lei care in ogni occasione, soprattutto quelle meno opportune. E' inoltre convinta che poi andrà a lavorare con sua figlia, una manzettina redhead 23enne che fa gli stessi studi all'università (credega!), ma per il resto ci è stata dentro come co-autrice del progetto finale, quindi w la vecchia.
Il sud-sudanese: probabilmente la persona meno portata per questo mestiere che abbia mai visto, la negazione della fotografia, l'anticristo della macchina da presa. E' un po' come se io avessi seguito un corso di meccanica e mi avessero messo davanti un motore ed una chiave inglese. Disastro.
Che poi è un pazzo: uno dei pochi vantaggi del provenire dal terzo mondo è la facilità con cui si ottengono asili politici in paesi decenti come il Canada o l'Australia e questo che fa? Ha deciso che lui buuu il Canada, lui se ne vuole tornare al suo paese a fare il grande imprenditore con le mucche... chissà se adesso che è scoppiata la guerra in Sud Sudan non abbia cambiato idea.
L'ex-biker: nettamente il più serio della compagnia, ha sconvolto tutti confessando un passato da hooligan-biker nella natìa Inghilterra. Genuino.

Tralansciando il restante manipolo di disperati indegni di menzione, torniamo ai miei diabolici piani.
Tanto per cominciare devo menare le tolle perchè mi sta scadendo il visto turistico, quindi ne approfitto per una zingaratina da un mese e mezzo nell'America Centrale di cui parlerò ampiamente in seguito quindi stay tuned.

Al mio rientro, in febbraio, l'obiettivo è cercare di strappare un contratto di lavoro al capoccia della scuola, dato che ho deciso - in maniera del tutto unilaterale - che devo lavorare per la sua società di produzione ed avere accesso alle gioie del pemesso di residenza tramite lui. Ovviamente più facile a dirsi che a farsi, dato che quando glielo accennai mesi orsono, la risposta fu un cortese vaffanculo, ma non so perchè io ci credo di brutto e comunque chiedere è sempre gratis.
Nella malaugurata quanto altamente probabile ipotesi che il suddetto capoccia i mandi a rubbbare per la seconda volta, si apriranno per me le porte di un trasferimento nella gelida provincia del Quebec, dove le carte dell'immigrazione paiono essere più semplici.

(continua nella prossima puntata...)

mercoledì 12 dicembre 2012

Parigi val bene una mezza (settimana lavorativa)

Come già anticipato in precedenza, mi ritrovo parcheggiato a tempo vagamente determinato a Parigi, una città talmente avanti che ci pianterei persino le tende, se la mia solita fotta di schiodarmi verso luoghi remoti non me lo impedisse.
All'orizzonte non ci sono grosse spese e del gruzzolo neozelandese, nonostante i recenti zingarismi, ne avanza abbastanza da permettermi, una volta tanto, di lavoricchiare senza alcun affanno in un ostello di Montmartre, dove reggo la reception per 3 notti a settimana per lo stesso stipendio netto che percepivo in Italia lavorandone 5 in ufficio (ovviamente in regola e con contratto a tempo indeterminato, altro che le prese per il culo di Pizzaland!).

Il mio gaio lavoro, oltre che essere di mio gradimento per la cortezza della settimana, mi permette anche di osservare la fauna del backpacker dall'altra parte della barricata, individuando curiose categorie che mi erano sfuggite durante le mie innumerevoli visite agli ostelli sparsi in giro per il mondo in qualità di ospite. Per esempio:

Gli ispanici: gli spagnoli/sudamericani sono veramente ignoranti, nel senso che evidentemente ignorano che in Francia non si parla la loro lingua. I più astuti esordiscono con un "habla espanol?" che da parte mia riceve puntualmente come risposta un secco "no!", giusto per far loro capire che a Parigi = francese, tutt'al più inglese, ma che nessuno é tenuto a parlare spagnolo. Ovviamente poi si cerca di venirsi reciprocamente incontro e si sistema tutto.
I peggiori sono però quelli che partono subito a razzo parlando il loro bizzarro idioma dando per scontato che tu lo capisca e tu gli dici ooooooooooooh Miguel Hernandez, ma dove credi di essere, a Tijuana? Cosa ti fa pensare che io abbia capito una mezza parola di quello che hai detto?
Notare che scene del genere avvengono con la totalità dei clienti ispanici e solo con loro!
Nonostante ciò, la palma di imbecille dell'anno la vince una certa Marieke Van Brokkolen o qualcosa del genere, che ha mandato una lunga mail di domande in olandese. Alché io gli ho risposto che non ci ho capito una fava. Ovviamente in Italiano! Sto ancora aspettando una replica.
The axis of evil: così come il Sole in trigono con Urano (e un po' di ketchup) fa risvegliare dalla tomba il Conte Dacula e la sua stirpe di paperi-vampiri, un'altra congiunzione astrale sfavorevole porta terrore e distruzione negli ostelli di mezzo mondo: la contemporanea presenza di inglesi, australiani e canadesi.
Quando queste tre nazionalità si presentano contemporaneamente sulla lista degli ospiti, già sai che sarà una lunga notte di rumore ed ubriachezza molesta coi britannici in qualità di fomentatori, pronti ad innaffiare con ettolitri d'alcol la stupidità degli australici e ad innalzare il volume delle ugole canadesi, gente a cui evidentemente non é permesso comunicare con un tono di voce normale nonostante siano le 3 del mattino.
Quelli che non han mai visto una porta chiusa in vita loro: ore due del mattino, per evidenti ragioni di sicurezza la porta d'ingresso è chiusa a chiave. Ovvio no? E allora perché, nonostante i cartelli a caratteri cubitali che appongo ovunque per ricordarlo, mi ritrovo sempre degli assatanati appesi alla suddetta porta cercando di aprirla nonostante sia palese che questa é chiusa da un dispositivo che solo io posso sbloccare? La gente si fa!
I bambinoni: i patatoni si son fatti degli amichetti sul pullman ed ora vogliono stare nella stessa stanzina a fare la nanna o forse a raccontarsi storie di paura al termine di un pigiama-party, chissà. Che carini, peccato che nella stanza non ci siano letti disponibili e allora frignano e mettono il broncio, i patatoni.
Ma fate i seri che c'avete 30 anni!
Quelli che pensano di stare in agenzia viaggi: Se a Parigi mi chiedi cosa c'é da vedere a parte la Tour Eiffel o dove andare a far gallina coi tuoi amici mi va pure bene, ma se cominci a chiedere quanto ci mette il pullman tra Berlino e Praga, quanti voli ci sono al giorno tra Londra e Timbuctu o se é troppo allungare a Bucarest per andare da Parigi a Londra, beh allora figlio mio guarda l'insegna fuori, c'é scritto "ostello", no "Alpitour" (ahi ahi ahi ahi)
I pokeristi: questi li avevo notati anche da cliente: era la mitica batteria di estoni, giunti in Australia solo per guardare la TV. Non lavoravano, non giravano, non mangiavano. Loro guardavano la TV.
Qui a Parigi invece abbiamo i giocatori di poker online, tra i quali spicca lo svedese che una sera arriva tutto incazzato lamentandosi che il wireless é lento e che stava perdendo un sacco di soldi, alché io tutto preso male che pensavo chissà quale importante videoconferenza di lavoro stesse facendo. Poi gli passo di fianco e stava giocando a Texas Hold'em sul portatile. Gli volevo spaccare uno sgabello in testa.

lunedì 3 dicembre 2012

Toh, chi si rivede...

Beh effettivamente cominciava ad essere ora di tornare ad aggiornare il blog ogni tanto, così ecco un paio di news.
Dall'esatto momento in cui ho piazzato le chiappe in Padania, il pensiero fisso è stato migrare al più presto verso un qualsiasi "luogo random" quanto più possibile lontano da Milano, quindi eccomi sfruttare la generosa ospitalità della mia sbarba da cui son migrato tempo -1 non appena questa mi è tornata nella Ville Lumiere.
Anche il principale sbattone nella terra della baguette (trovare un lavoro retribuito decentemente nonostante il mio livello di francese non eccelso) è stato sbrigato a tempo di record: 10 cv mandati, due lavori offerti, uno accettato, come receptionist in un ostello a Montmartre per 3 notti a settimana.
E così, con tutto il tempo libero che mi rimane a cosa volete che pensi, se non agli zingareggi futuri?
Posto che il punto fermo degli spostamenti prossimi venturi è il Canada, in cui - se tutto va bene - non potrò entrare comunque prima dell'anno prossimo per motivi che ometto volutamente, bisogna anche cominciare a pensare a qualche gitarella per spezzare la monotonia presente e futura, tipo:
Mete a portata di mano da fare assolutamente:
1) Alaska: Posto della madonna, forse l'unico stato USA che mi interessa davvero vedere, altro che Gnu Iorc, Califoggia e Florida dove vanno tutti e dove - tra l'altro - sono già stato una ventina d'anni fa quando non avevo voce in capitolo sulle mete turistiche familiari.
Latitude-x ora va solo in posti pregni di mentalità!
2) Washington State:
Le suburb più meridionali di Vancouver distano meno di 3km dal confine con gli Stati Uniti, di conseguenza qualche gitarella oltre confine ogni tanto sarà quasi d'obbligo. Anche perchè laggiù ci sono da vedere un paio di locheiscion cinematografiche che bramo vedere da anni (...ma cosa dico anni).
3) Tour degli stati canadesi:
Voglio andare a chiedere di persona agli abitanti del Saskatchewan cosa gli ha detto il cervello quando han scelto il nome del loro stato.
Zingarate a portata di mano, da fare in un futuro relativamente prossimo:
1) Giro del Centro America: Dal Messico a Panama. Un Must.
2) Giro del Sudamerica:
Probabilmente da dividere in 2 tranches: costa est e costa ovest, cominciando da quest'ultima.
Mete proibitive o logisticamente difficili:
1) Aree remote canadesi: In realtà la parte più bella del Canada, secondo il mio modesto parere, è il quasi-disabitato nord, soprattutto gli stati dello Yukon, Northwest Terrotories e Nunavut, che però sono raggiungibili molto difficilmente se non tramite costosissimi voli interni. Il sogno sarebbe piazzare le chiappe ad Alert, il centro abitato più a nord del mondo e fare la foto di rito davanti al cartello "ALERT PROUDLY CANADIAN" ed aggiungere alla collezione dei segnali con le distanze dai vari posti del mondo "PESCHIERA BORROMEO 4745Km".
2) Antartide:
non esattamente dietro l'angolo, non esattamente facile da raggiungere, non esattamente economico. Però io almeno un giro in Georgia del Sud ce lo farei volentieri.
Vacanzina pre-Canada:
1) Il resto degli -stan: ancora mi mangio le mani per aver saltato, durante l'ultima zingarata, Kyrgyzstan, Tajikistan e quei pochi angoli di Afghanistan visitabili tranquillamente. Si da il caso però che Turkish Airlines abbia un bellissimo volo Parigi-Istanbul-Osh (Kyrgyzstan) a 570 neuri andata e ritorno. Vuoi vedere che se mi girano le balle mi sparo 4 settimane a fare trekking nelle montagne dell'Asia Centrale appena finisce l'inverno?

Si si, voi andate pure a gnu iorc

venerdì 30 novembre 2012

Intanto comincio a twittare, poi magari torno a scrivere

Si si ci sono ancora, presto in arrivo novità e nel frattempo, dato che non avevo niente di meglio da fare, ecco pronto l'account di Twitter:

https://twitter.com/Latitude_X

Per ora accontentatevi di 160 caratteri, che appena son caldo torno a sparare fiumi di vaccate. Beeella!

venerdì 24 agosto 2012

I viaggi della speranza

Milano, Italia (Km.32041). Ed eccoci qui alla fine della zingarata 2012 dopo le ultime mille ore di viaggio da Tirana a Milano tra pullman-sauna del paleolitico e traghetti che partono un po' all'ora che gli pare a loro (ascoltate un cretino, NON prendere mai il Durazzo-Bari!) è l'ora di farsi qualche settimana di meritato riposo a casina.
Vabbè quand'è che si riparte?
Ovviamente presto. Destinazione Vancouver, Canada.

Un po' di statistiche
- Giorni di viaggio: 129.
- Numero di tappe: 67.
- Paesi attraversati: 14 (Hong Kong, Macao, Cina, Mongolia, Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Iran, Iraq, Turchia, Bulgaria, Macedonia, Albania, Italia)
- Chilometri percorsi: 32041.
- Ore a bordo dei vari mezzi: 527 (sono quasi 22 giorni 24/24!) di cui 231 ore di treno, 186 di pullman, 99 tra shared taxi, minibus, marshrutka e simili e 11 di nave.
- Ore spese nei vari posti di frontiera: 31.
- Tappa unica più lunga: Lanzhou-Urumqi (Cina), 1907 km in 32 ore di treno.
- Attraversata più lunga con scalo: Pechino-Lanzhou-Urumqi (Cina), 3406 km in 49 ore di treno ed 1 ora di scalo.
- Tratta più veloce in rapporto alla distanza: Shanghai-Pechino (Cina), 5,5 ore di treno per fare 1229 km (ad una media di 223 km/h).
- Temperatura minima: -2° ad ovest di Ulan Bator, Mongolia, 28 maggio 2012.
- Temperatura massima: +48° a Bukhara, Uzbekistan, 2 luglio 2012.
- Arresti rischiati: 1 (Asghabat, Turkmenistan)
- Oggetti smarriti o rubati: 3, una camicia a Pechino (Cina), un iPod e un cellulare a Talas (Kazakistan)
- Birre bevute: innumerevoli (di cui 0 in Turkmenistan, Iran ed Iraq!)
- Destinazioni a cui ho dovuto rinunciare: 2 (Siberia e Tibet).
- Destinazioni in cui non pianificavo di andare ma ci sono andato lo stesso: 4 (Iraq, Bulgaria, Macedonia, Albania).
- Viaggiatori italiani incontrati prima della Turchia: 0.
- Tratta più lunga senza incontrare occidentali: 7706 km tra Pechino (Cina) e Tashkent (Uzbekistan).
- Punto più settentrionale della zingarata: Astana, Kazakistan, 51°10' N.
- Punto più meridionale della zingarata: Macao, 22°10' N.
- Foto scattate: 4733.


La zingarata Hong Kong-Milano (clicca per ingrandire)

mercoledì 22 agosto 2012

Quattro paesi in quattro giorni

Lasciata alle spalle la Turchia - la cui esplorazione approfondita è stata rimandata a zingarate future - e superato il fatidico trentamillesimo chilometro di viaggio, le ultime tappe della zingarata sono giocoforza un tour de force che dovrà essere più veloce ed indolore possibile, non solo per la stanchezza che inevitabilmente mi attanaglia, ma anche per lo scarso interesse verso i paesi che mi trovo ad attraversare: come può fregarmene qualcosa dei Balcani dopo aver attraversato mezza Asia? Magari in un altro contesto e in un altro viaggio...
Ma c'è dell'altro: più ci si avvicina all'Europa e più la gente è malcagata senza contare che la qualità dei pullman per zingarare scende vertiginosamente mentre i prezzi schizzano alle stelle! Non va bene!
Gli sleeping bus Kazaki o i VIP bus con pranzo incluso da 5 dollari a tratta in Iran sono solo un vago ricordo, qua non ci si muove per meno di 20/30 neuri su lamieroni abbastanza nuovi da non avere i finestrini che si aprono, ma abbastanza vecchi da avere l'aria condizionata rotta o quasi, con bambini che non stanno mai fermi o zitti, con gente che ti vuole scavallare il posto... ridatemi l'Asia!

Bulgaria: bella, ma non bellissima
Sofia, Bulgaria (Km.30357). Ci sono pochi paesi che così, solo a pensarci, mi mettono più tristezza della Bulgaria. Potrei citare forse la Bielorussia o la Moldova... no a pensarci bene la Bulgaria mi mette più tristezza.
Onestamente, cosa ci si può aspettare dalla capitale di un paese famoso quasi esclusivamente per le elezioni farsa? Beh infatti non mi aspettavo niente di che, innanzitutto perchè pare che i posti da vedere in Bulgaria siano altri (Mar Nero, Plovdiv...) e poi perchè in 24 ore, metà delle quali passate a dormire per ripigliarsi almeno parzialmente da sti quattro mesi di viaggio, che idea si può fare uno del posto, soprattutto se il suddetto viene visitato di domenica con tutti i negozi chiusi e senza un'anima in giro e senza aver chiuso occhio tutta notte?
E allora che ci sono venuto a fare qui, direte voi? Beh giovani, mica è colpa mia se tra Istanbul e l'Albania c'è anche Sofia!
Ed è quindi per le suddette ragioni che la migrazione verso la tappa successiva - Skopje, capitale della Macedonia - è pressochè immediato.

Macedonia: preferisco quella di frutta...
Skopje, Macedonia (Km.30589). Non nego la mia ignoranza, ma a me i Balcani non hanno mai ispirato! Il paesaggio che si vede dai finestrini del mio pullman appena entrato in Macedonia offre brutte case, brutti boschi e brutte montagne.
E poi c'è sta storia del nome ufficiale della Macedonia che alcuni chiamano FYROM (ovvero Former Yugoslavian Republic Of Macedonia) che mi infastidisce. Cioè, cazzo mi rappresenta sto FYROM? Questa dev'essere un'idea dei Greci per non confonderla con la Macedonia Greca (che non è un miscuglio di frutta a pezzi con l'aggiunta di olive e fichi) i quali, non si sa bene perchè, sostengono ancora che la Macedonia FYROM è in realtà roba loro... ma mollateli! Addirittura i greci gli han fatto cambiare bandiera a sti poveri cristi perchè sulla vecchia bandiera macedone era rappresentato il Sole di Vergina, simbolo della Macedonia greca ed ai mangiaolive questo non andava giù! Roba de matt!
Skopje, la capitale, non è niente di che, forse mi ero abituato troppo bene in giro, ma la principale città del paese famoso per Madre Teresa (macedone di etnia albanese), Alessandro Magno, ma soprattutto per il Cobra Darko Pancev, è in realtà un grosso cantiere in cui stanno tirando su quantitativi spropositati di statue finto-antiche e palazzi in stile neoclassico dal dubbio gusto.
Resisto al sonno ed al caldo per dare un'occhiata in giro, prima di svaccarmi definitivamente in branda: il pullman per Tirana, in Albania, partirà alle 6 del mattino dopo.

Albania: si ok, a che ora parte il traghetto?
Tirana, Albania (Km.30903). L'Albania è forse l'unico dei tre paesi che mi spiace non aver esplorato come si deve. Il paesaggio e la gente sono decisamente migliori delle tappe precedenti, mi spiace quindi che la mia unica tappa sia la capitale Tirana, un posto che non è decisamente il top del paese!
E poi a Tirana c'era la para-traghetto, ovvero cercare di rimediare una nave/barca/gommone per ritornare in patria senza spendere una fortuna: inizialmente avevo puntato al comodo Durazzo-Ancona, ma questo parte una volta ogni due giorni ed io arrivo in quello sbagliato, l'alternativa è quindi Bari, in cui arriverei a mezzanotte per poi prendere da uno a tre treni a prezzi folli che mi avrebbero riportato in Padania.
Per fortuna gli albanesi si rivelano dei randagi senza eguali e mi sparano sto pullman Tirana-Milano via Bari a 90 zeuri comprensivo di traghetto (solo il Bari-Milano in treno mi sarebbe costato 100!) per cui via, verso i nebbiosi lidi milanesi, da cui prevedo di schiodarmi presto. Molto presto.

sabato 18 agosto 2012

Ritorno alla civiltà

Realizzo al momento di lasciare Erbil che rimanere oltre in Iraq non ha senso: i costi sono alti e la città di Duhok non è certo una meta così ambita, a meno di non organizzare escursioni nelle vicinanze che non avevo intenzione di fare in ogni caso, così decido di accettare l'offerta-che-non-si-può-rifiutare del nonno che gestisce la mafia degli shared-taxi di Erbil: 10 dollari in più (mecojoni!!!) per skippare a piè pari Duhok ed andare dritti al confine turco.

Entrare in Turchia dall'Iraq o comunque dal Medio Oriente è come essere in un mondo nuovo: strade larghe e perfettamente asfaltate, automobili che non cadono a pezzi, possibilità di mettersi finalmente i pantaloni corti, possibilità di pranzare in giro senza doversi sentire dei criminali, cartelli scritti in un alfabeto comprensibile, ma soprattutto possibilità di bersi finalmente una cazzo di birretta gelida senza doversi rivolgere a degli spacciatori con una condanna a morte sulla testa (era un mese che non ne trovavo una, l'ultima era stata a Tashkent, una disgustosa birra uzbeka tiepida!).
La cosa ha però anche i suoi contro: i prezzi folli! Da quando sono entrato nell'ex Impero Ottomano, mantenere il mio file excel con le spese non ha più senso, le Lire Turche escono a profusione e senza soluzione di continuità il che causa turpiloqui che non contribuiranno certo a spalancarmi le porte del Paradiso quando verrà la mia ora.
L'ingresso in Turchia mi fa però anche capire una cosa, ovvero qual'è il lavoro da non fare mai assolutamente: l'autotrasportatore internazionale! Dalla frontiera turco-irachena, sul lato turco, si snodano infatti almeno 30km di camion in fila, roba che l'ultimo come minimo arriva in Iraq fra una settimana!
Solidarietà ai camionisti a parte, arrivo a pezzi alla prima meta turca, Goreme, nella regione della Cappadocia (o K-Docia come i più fighi di noi amano chiamarla) dopo quasi 24 ore di viaggio, con 5 mezzi cambiati ed una frontiera attraversata  e la voglia di esplorare la zona è molto bassa, nonostante le caratteristiche case e chiese costruite nelle curiose rocce della zona siano effettivamente molto belle, ma le batterie stanno a secco, così decido di dare un'occhiata al minimo indispensabile e migrare direttamente verso Istanbul dopo un paio di giorni.

Istanbul, Turchia (Km.29792). Anche nell'ex Costantinopoli la solfa non cambia, energie a zero e soldi che escono che è un piacere (non certo per me), la visita è quindi limitata anche qui al minimo, giusto le classiche visite a Santa Sofia, Moschea Blu e Topkapi che sono giusto a 500 metri dal mio ostello con la proprietaria dalla risata più fastidiosa del mondo, dove pianifico ufficialmente le rimanenti tappe prima di rientrare in Padania: sveltine a Sofia (Bulgaria), Skopije (Macedonia) e Tirana (Albania), per poi rientrare in patria via nave e riposare in vista delle prossime imminenti partenze.

Ultime, veloci tappe del viaggio

mercoledì 15 agosto 2012

Non dite a mamma che sono in Iraq - Terza Parte. Ultimi giorni di randagismo

Certo che qui in Kurdistan una mezza compagnia di trasporti pubblici la potrebbero anche fondare, così eviterei di dover prendere l'ennesimo shared taxi della zingarata Hong Kong-Milano e potrei anche risparmiare un po' di soldini, invece niente, quando chiedo delucidazione su come raggiungere Erbil, la capitale regionale che qualcuno chiama anche Arbil o Irbil (ma nessuno Orbil o Urbil, per fortuna!) vengo subito spedito ad una stazione di taxi dove perlomeno riesco a trovare un  furgoncino che mi porta a destinazione per 10.000 dinari anzichè per i canonici 50.000 chiesti dai tassisti "normali".
Ma un momento, non mi sono dimenticati qualcosa? Certo, non mi accerto del percorso! Insomma do i consigli ("accertatevi di non finire a Kirkuk e a Mosul!", dicevo) e poi sono il primo a non seguirli, infatti dopo un oretta di viaggio spunta il magico cartello: WELCOME TO KIRKUK. Oooops...
Oooooops...
Comunque anche in questo caso niente paura: lo sconfinamento è solo una questione tecnica ed è inevitabile (la strada passa di lì!), Kirkuk la vedo solo da lontano e la gita nella "zona proibita" dura appena lo spazio di qualche chilometro, giusto il tempo di prendere il primo svincolo e rientrare nel ben più confortante territorio Kurdo, anche perchè nessuno all'interno di quell'auto aveva alcuna intenzione di andare a finire a Kirkuk, credetemi.
Il posto di blocco sulla collina è il confine con l'Iraq Arabo e lo si capisce subito dalle uniformi dei soldati, che non vestono più con trasandate camicie verde/marrone - molte delle quali sono dei gentili omaggi della US Army - ma con le uniformi grigio-nere dell'esercito iracheno.
Anche i soldati che guardano le spalle a quello che controlla i documenti non sono più dei tizi vestiti con la maglietta di Messi del Barcellona e le infradito, ma dei militari incazzosi con le classiche uniformi imbottite da battaglia viste in tanti servizi televisivi da Baghdad.
Io, col mio visto valido solo per il Kurdistan, quel posto di blocco non lo potrei neanche superare, ma come già detto questi sono tutt'altro che impenetrabili e così eccomi dall'altra parte, in territorio arabo, con la città di Kirkuk - in cui per inciso c'era stato un attacco bomba solo qualche settimana prima - all'orizzonte. Ma non per molto.

Erbil, Iraq (Km.27841).
Come al solito la prima cosa da fare appena messo piede in città è cercare di rimediare una branda ad un prezzo decente ed anche a sto giro è più facile a dirsi che a farsi, non tanto per l'assenza di brande, quanto perchè il prezzo migliore che riesco a strappare è per una singola a 25$ al Lord City Hotel nella piazza principale di Erbil, proprio di fronte alla cittadella (se volete il wi-fi chiedete una stanza che non sia all'ultimo piano!).
Anche Erbil, come almeno altri 2 o 3 posti dove sono passato in precedenza, reclama di essere la località abitata continuativamente da più anni (si dice sia stata fondata intorno al 6000 a.C.) e l'attrattiva principale è la Cittadella, ovvero il nucleo composto dalla città vecchia, che al momento è completamente abbandonata, in quanto gli abitanti sono stati sfrattati qualche anno fa per dare la possibilità al governo di restaurare le case ormai fatiscienti.
Al momento gli edifici della Cittadella sono quindi divisi in due categorie: "case diroccate" o "case in ristrutturazione" ed entrambe sono dichiarate off-limits da un poliziotto baffuto e cicciottello messo a guardia dell'ingresso. Inutile dire che la versione irachena del Commissario Winchester non mi scoraggia minimamente, quindi eccomi perso in men che non si dica in un labirinto di stradine da cui uscirò, salutando il perplesso tarchiatello, solo dopo un'oretta di esplorazione che lascia il posto a del meritato relax.

La Cittadella di Erbil dall'alto.