lunedì 2 luglio 2012

La polizia (non) s'inkazza (più)

Gli ultimi giorni kazaki sono spesi cercando di tirare in qualche modo il 25 del mese, giorno in cui posso finalmente varcare la frontiera uzbeka, non prima però di una rapida visita a Turkistan, cittadina a 25 ore di pullman a sud di Astana, non lontano dal confine, dove il Mausoleo di Yasaui mi da un assaggio della maggiore attrattiva che troverò in Uzbekistan, ovvero l'architettura araba dell'Asia Centrale. L'ipotesi di una gita al Cosmodromo di Baykonur - la Cape Canaveral dell'Unione Sovietica – sfuma invece all'ultimo momento: Baykonur non è Cape Canaveral dove organizzano tour guidati e vendono souvenir e modellini di shuttle, qua prendono molto seriamente il fatto che una base di lancio spaziale è una zona militare e non vogliono curiosi e tantomeno fotocamere puntate. Addirittura pare che chiedere informazioni in giro possa creare problemi e siccome di problemi con la polizia kazaka ne ho giа avuti abbastanza, non ci tengo a fare il bis, anche perchè con sta storia che il cosmodromo, pur in territorio kazako, è roba russa, i pali in culo potrebbero essere più del previsto.

Tashkent, Uzbekistan (Km.19500). Una delle maggiori preoccupazioni quando si parla di Uzbekistan riguarda la polizia: per anni questo è stato uno dei più terribili stati di polizia al mondo e fino a qualche tempo fa pare che la principale attivitа di quest'ultimi fosse rompere il cazzo ed estorcere quanti più soldi possibile al malcapitato straniero di turno. Al presidente uzbeko Islam Karimov, per quanti difetti possa avere, va riconosciuto il merito di aver stroncato questa tediosa abitudine e di aver trasformato l'incubo di ogni viaggiatore in docili agnellini.
Si si, controlla il passaporto, tanto
non ti do una lira!

Siamo arrivati addirittura al punto che sono riuscito a farmi pagare la metro da uno di loro perchè, appena sceso dal treno alla stazione di Tashkent, non ho potuto fare a meno di notare che il numero di posti dove prelevare denaro locale è inversamente proporzionale al numero degli sbirri che girano per strada: di quest'ultimi ce n'è letteralmente uno ogni cinquanta metri, mentre i bancomat latitano in maniera imbarazzante, sono spesso fuori servizio ed offrono denaro allo svantaggiosissimo tasso di cambio ufficiale, il che fa fiorire il mercato nero dei dollari/euro da recuperare cash-advance da qualche parte per poi essere ricambiati in Som Uzbeki, la ridicola moneta locale, il cui taglio più grosso viene scambiato per la bellezza di trenta centesimi di euro.
Qui a Taskent poi ricompaiono anche i viaggiatori occidentali che non vedevo ormai dai tempi di Pechino. L'argomento che più tiene banco sotto le fresche frasche dell'ostello pare essere chi ha più problemi coi vari visti: c'è chi ha il visto che gli scade il giorno dopo e cerca rifugio in Kyrgyzstan (non posso ancora credere che gli australiani lo hanno ribattezzato “Kirgie”, così come Tashkent è diventata “Tashie”. Pazzia!*), altri che devono aspettare 3 settimane per il visto turkmeno, ma hanno solo 10 giorni rimasti in Uzbekistan, altri ancora che hanno prenotato un Tbilisi-Barcellona a 20 euro, salvo poi chiedersi: “Si ok, ma dove cazzo è Tbilisi e soprattutto come ci arrivo?”.
Per quanto mi riguarda posso contribuire alla conversazione raccontando dell'ormai consueta (ed ultima, per quanto mi riguarda) gita consolare che mi regala uno sfavillante visto della Repubblica Islamica dell'Iran prenotato per tempo ed ottenuto quindi on-the-spot ed un visto di transito per il Turkmenistan che però mi metteranno sul passaporto con calma, fra 20 giorni (!), comunque no problem, questo mi permette di praticare l'antica arte dello zingarismo uzbeko nella modalitа che più mi piace: con calma.

Samarcanda, Uzbekistan (Km.19782). Ebbene si cari miei, Samarcanda non era solo un programma di Santoro, ma è anche una cittа, in veritа una delle più pittoresche dell'intera area, un'area – ora è sicuro – che la bazza del momento prevede di girare in bicicletta.
Almeno il 70% dei randagi che ho incontrato infatti è dotato di una dose di voglia non indifferente, che permette loro di pedalare in piena estate attraverso deserti e montagne, e il cui obiettivo primario è percorrere la Pamir Highway in Tajikistan, un posto che effettivamente vale la pena di attraversare solo con mezzi propri.
Ci sono l'americana culona con la voce fastidiosa, lo svizzero barbuto che ha deciso di fare il giro del mondo, l'inglese pettinato sempre pulitissimo e con la camicia sempre ben stirata, il francese scappato di casa che è in giro da 20 anni. La fauna è varia, ma il punto comune è che sono tutti scimmiati con ste bici. E io che a momenti mi prendevo male per 25 ore di pullman senza aria condizionata...
Che poi sta gente qua è anche pericolosa: ora lo svizzero barbuto mi ha messo in testa sta idea che il Kurdistan Iracheno è un posto della madonna, che non ti fanno come un cane e che è possibile ottenere un visto alla frontiera alchè io ribatto che forse è un po' prematuro andare in Iraq - anche se il Kurdistan effettivamente è Iraq solo per modo di dire - ma poi interviene la quarantenne australiana che anche lei ci è stata e conferma che il Kurdistan è the place to be, la nuova frontiera del grezzismo itinerante. Beh alla fine ho rimediato una mappa dell'Iraq su cui studiare i percorsi ("Basta non attraversare il fiume Tigri perchè di la ci sono gli arabi e ti fanno come un caimano", mi dicono), mentre per tutto il resto bisogna affidarsi al passaparola internettiano perchè come potrete immaginare non ci sono Lonely Planet dell'Iraq.
Bah, sono perplesso, ma approfondirò la questione.

* Ma questo non lo potete capire se non siete stati in Australia.

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