mercoledì 18 giugno 2008

Save Water, drink beer


Ci sono voluti "solo" 5 giorni di viaggio, ma alla fine siamo riusciti a percorrere i 3000 Km. di deserto che separano Airlie Beach da Darwin e devo dire che il viaggio mi ha esaltato non poco, anche se c'è da ammettere che da quelle parti c'è ben poco che non sia polvere, road trains* e canguri morti. Ma ecco i dettagli.

Giorno 1: Da Airlie Beach a Townsville.
Il primo giorno ce la siamo presa abbastanza comoda con un viaggio di appena 310 Km. lungo l'ultimo tratto di east coast prima di svoltare a sinistra in direzione del torrido outback. Niente da segnalare se non il fatto che a momenti rimanevamo senza benzina a causa di una certa leggerezza del sottoscritto nel valutare le potenzialita del serbatoio di Shake n Bake. Un buon monito in vista del fatto che nell'outback c'è un benzinaio ogni 200 Km...

Giorno 2: Da Townsville a Julia Creek.
Andando a dormire alle 8 di sera non è così difficile dar retta alla sveglia che comincia a strillare alle 6 del mattino. Tempo di scroccare una rapida toilette al campeggio a cui ci siamo rifiutati di pagare 15 dollari a testa e siamo subito pronti per spararci qualche migliaio di chilometri nell'inospitale interno australiano. Se sulla costa orientale le città e i paesi sono relativamente frequenti (difficile fare più di 100 Km. senza incotrarne uno), appena si svolta in direzione ovest verso l'interno le cose cominciano a complicarsi: Nei 1000 Km. di Outback del Queensland lungo la Flinders Highway si incontrano appena 7 centri abitati. E parlo di "centri abitati" perchè è difficile definirli diversamente. Trattasi in effetti di paeselli da un migliaio di abitanti al massimo (eccetto Mt. Isa), sperduti in mezzo al nulla, che sono nati come stazioni di rifornimento per i pochi pazzi che osavano avventurarsi da queste parti negli anni che furono.
Ore e ore di guida ci han permesso di superare appena 3 paeselli: Charters Towers, Hughenden - un posto che la Lonely Planet definisce come "un centro trafficato", ma che in realtà a me è parso più che altro un mortorio con il riscaldamento al massimo - e l'insignificante Richmond, prima di approdare alla nostra meta finale per la giornata, l'apperentemente inutile Julia Creek.
Dopo aver piazzato il nostro possente mezzo nel campeggio del paese, posseduto da un tizio che ogni 2 parole ci metteva dentro un "mate**" (pronunciato rigorosamente "màit") ci dirigiamo spediti in direzione dell'hotel del paesello (gli "hotel" in Australia sono in realtà dei pub, non degli alberghi, o perlomeno non solo) per scolarci una mezza dozzina di meritate birre e per toglierci la caldazza opprimente di dosso quando veniamo tirati in mezzo dalla barista, che in realtà anche una gran bella fighetta che scopriremo poi essere originaria dello Yorkshire, in Inghilterra (cosa ci faccia una fichetta dello Yorkshire a lavorare in uno squallido baretto di uno squallido paesello nel mezzo dell'outback del Queensland non lo sapremo mai).
Beh per farla breve la suddetta fichetta inglese ci chiede se siamo noi i proprietari di quel furgoncino multicolore con scritto dietro "Shake n Bake", in quanto il possente mezzo che si - effettivamente è nostro - era di alcuni suoi amici irlandesi i quali non solo l'han posseduto, ma sono anche i responsabili del restyling tricolore e del relativo motto pennallato sul portellone posteriore. Carramba che sorpresa! Piccolo il mondo, è stato il pensiero di entrambi: lei che non si aspettava certo di ritrovare in giro il furgoncino a lei tanto familiare e noi che scopriamo le origini del nostro bolide da una bella fighetta nel mezzo del deserto del Queensland. Pazzesco.
Dopo le birrette rinfrescanti del tardo pomeriggio e soprattutto dopo una massiccia sessione sotto la doccia, decidiamo di ritornare al gaio locale della fichetta inglese, un po' perchè la tipella è davvero carina e fa sempre piacere avercela davanti, un po' perchè la suddetta aveva accennato alla possibilità di fare serata in un pub o addirittura in un club (!?!?!) li a Julia Creek, cosa che aveva suscitato in noi non poche perplessità, vista l'entità del paesello.
Ora, immaginate una strada, circondata da una distesa infinita di prati, terra rossa e qualche alberello qua e la; scegliete un punto remotissimo di questa strada e metteteci due file di edifici lunghe non più di un chilometro l'una, cercate poi di immaginare che ci sono 1000 persone che davvero ci vivono in quel posto e che la maggior parte di questi sono dei grezzi mandriani con la camicia a quadri di flanella, il cappellone da cowboy e i jeans a vita alta col cinturone di cuoio. Questa è Julia Creek. E la tipella voleva farci credere che in un posto così esiste un club???
Oltretutto durante il pomeriggio c'è sorta spontanea una domanda: ma ci saranno dei ragazzi in sto posto? E se si, quanto si devono rompere i coglioni da 1 a 10? L'unica soluzione per loro sarebbe spruzzarsi in vena, ma anche li, chi mai si prenderebbe la briga di portare della droga fino a sto buco di culo di posto?
La sera stessa abbiamo avuto tutte le risposte che cercavamo quando irrompe nel mezzo di una delle nostre sessioni di birra & biliardo un barbuto ometto che si presenta come Colin o qualcosa del genere cercando di tirarci in mezzo in una fantomatica serata-della-madonna nel pub-club che sta a poche decine di metri dal locale in cui ci trovavamo. A seguito delle tediose insistenze dell'ometto e tenendo conto anche del fatto che era venerdi sera, decidiamo di concederci sta botta di vita e di andare a sto figa di pub-club o quel che è. Ed è a sto punto che comincia a non tornarci qualcosa: innanzitutto Colin (o come diavolo si chiama) che nel frattempo confessa di essere originario di Canberra e di essere entusiasta di essersi trasferito a Julia Creek (il che la dice lunga su quanto faccia cagare Canberra) ci propone l'affarone del secolo:

- "Ragazzi, per la modica cifra di 50$ vi vendo nientepopodimeno che... un cartone."
- "Accidenti Colin -
è stata la nostra immediata risposta - la tentazione è effettivamente forte, ed il prezzo è a dir poco concorrenziale, ma dopo un attenta analisi temo che rifiuteremo la tua allettante proposta".

A quel punto, approfittando di una sosta-pisciata del pusher di lsd dei miei coglioni, riusciamo a seminarlo e ad entrare in sto locale abbastanza inquietante il quale, lungi dall'essere un pub e tanto meno un club, ci propone un repertorio di almeno una trentina di giovani ubriachi da fare schifo, al punto di essere decisamente molesti, alcuni dei quali palesemente fatti di qualche droga sintetica (probabilmente i cartoni da 50$ di Colin).
Consumata rapidamente la nostra birretta, concordiamo per una rapida fuga alla spicciolata per non dare nell'occhio ai nostri nuovi molestissimi compagni di bevuta e, grazie alle vecchissime scuse "vado a fare una pisciata, aspettami che torno subito" e "oh caspita, ho finito la birra, spetta che ne vado a prendere un'altra" ci spariamo un fugozzo senza precedenti.
Inutile dire che abbiamo declinato la proposta di Colin di rimanere 2 o 3 giorni a Julia Creek e che la mattina dopo la sveglia era ancora puntata alle 6, per levare le tende alla svelta da sto posto di pazzi.

Giorno 3: Da Julia Creek ad un punto non meglio precisato del deserto del Northern Territory.
Con Julia Creek e i suoi bizzarri abitanti alle spalle abbiamo cominciato a scannare di cristo: il nostro obiettivo era andare il più lontano possibile oltre il confine col Northern Territory.
Dopo qualche centinaio di chilometri di nulla assoluto la Lonely Planet ci svela un tris di attrazioni imperdibili nel giro di 10 Km.: si comincia con un mucchietto di sassi eretto dalla comunita di Cloncurry (dove si è registrata la temperatura più altra d'Australia, 53° a fine '800) in memoria della spedizione di Burke e Wills, due esploratori che per primi avevano percorso queste terre inospitali. Sti gran cazzi!
Dopo appena un chilometro, altro monumento, sapientemente preso a fucilate da qualche burlone, che indica l'antico confine del territorio aborigeno. Tu chiamale se vuoi, emozioni.
Ma quello che mi interessava di più doveva ancora arrivare. Trattasi delle rovine di una vecchia miniera di uranio chiamata Mary Kathleen, attiva dagli anni '50 fino al 1982. Nonostante il parere contrario del Valto, si decide di percorrere il chilometro scarso di strada semi-sterrata che esce dalla Highway e arriva in uno spiazzo che in realtà ha ben poco da mostrare, giusto qualche magro resto di edifici non meglio identificati in mezzo ad un mare di polvere rossa.
Proseguiamo per altri svariati centinaia di chilometri fino ad incrociare Mount Isa, un paesone di ben 20.000 abitanti nel mezzo del nulla, che deve la sua fortuna agli abbondanti giacimenti di piombo, zinco, argento e rame. Quando fra qualche anno tutto il minerale sarà estratto, il paesone diventerà l'ennesima città fantasma dell'outback australiano.
Superato Camooweal, l'ultimo avanposto del Queensland prima del confine col Northern Territory, ci addentriamo in una distesa di spinifex (un' erba che pare essere l'unica al mondo completamente non commestibile) a perdita d'occhio. Sfiniti, ci fermiamo per la notte in una piazzola di sosta in mezzo al deserto, dove ad attenderci ci sono solo, oltre a qualche camperista, solo una marea di fottute mosche e un freddo della madonna appena qualche minuto dopo il tramonto, il che ci fa sperimentare i famosi sbalzi termici del deserto (fino a 5 minuti prima si pezzava!).

Giorno 4: Dal punto non meglio precisato del deserto del Northern Territory a Daly Waters.
Lasciata la piazzola di sosta alle prime luci dell'alba ci dirigiamo a tutta velocità verso Barkly Homestead, tappa obbligatoria per chiunque percorra questo tratto di strada in quanto unica stazione di rifornimento nel giro di circa 500 Km. e non si può certo dire che i gestori della baracca non se ne approfittino: sanno che chiunque passi di li è obbligato a fermarsi a fare il pieno e fanno pagare la broda la modica cifra di 2,10$ al litro. Tanto per dare un paragone, a Sydney la benza la danno a 1,30$ e nelle altre zone dell'outback raramente supera l'1,60$.
Dopo le maledizioni di rito all'indirizzo del benzinaio ripartiamo fino a raggiungere, dopo circa 250 Km., il bivio di Three Ways, dove si vira verso nord in direzione di Darwin.
Qua la desolazione è, se possibile, ancora più marcata e dopo qualche centinaio di chilometri, in cui ci concediamo solo una breve visita al paesino abbandonato di Newcastle Waters, giungiamo a Daly Waters, destinazione finale della giornata.
Per raggiungere Daly Waters si deve uscire di un paio di chilometri dalla Stuart Highway, il che fa sembrare questo posto se possibile ancora più in mezzo al nulla. Intendiamoci, questo posto E' in mezzo al nulla, ma il fatto di allontanarsi dalla strada principale accentua quest'impressione.
Per quanto possa sembrare a prima vista incredibile, questo posto dimenticato dal signore formato da un pub, un motel da 4 stanze, una casa prefabbricata, una pompa di benzina e un piccolo campeggio ha moltissimo da dire: innanzitutto ai tempi dei pionieri dell'aviazione civile, quando per fare un volo da Londra a Sydney si necessitava di 10 giorni, una buona dose di coraggio (frequentissimi erano gli schianti) e di quasi 50 soste per il rifornimento di carburante, la pista di Daly Waters era una tappa assolutamente obbligatoria per qualsiasi aereo in transito, anche sulla linea tra Darwin e Adelaide.
Ma c'è dell'altro: sembra che proprio una piccola oasi qui a Daly Waters sia stata la salvezza della missione esplorativa di John Stuart (quello che da il nome alla Highway) quando, nel 1862, al limite delle forze, massacrati dal caldo e dalla sete, trovarono ristoro in questa zona. La leggenda vuole che Stuart incise una "S" su un eucalipto a 1 Km. dall'attuale paese e questo eucalipto, per quanto morto da decenni esiste ancora con la sua "S" incisa, che a dir la verità ricorda più un "8", ma tant'è. E poi dicono che nell'outback non c'è una sega da vedere!
Se pensate che sia tutto qua, vi sbagliate di grosso. In realtà l'attrazione principale di sto posto è lo storico pub fondato nel 1930, che per due beoni come i proprietari di Shake n Bake rappresenta una tappa obbligatoria. Il pub, c'è da dirlo, è una figata di posto, letteralmente tappezzato sulle sue pareti da qualsiasi genere di oggetto, dalle foto, alle banconote, agli adesivi, fino alle mutande e ai reggiseni (e c'è perfino una maglia dell'Atalanta da qualche parte!), che i visitatori hanno lasciato qua nel corso dei decenni. Ovviamente non abbiamo resistito alla tentazione di lasciare un contributo anche noi: Il Valto ha piazzato la tessera internazionale di studente su qualche trave, mentre una copia dell'inquietante fototessera della mia carta d'identità, unita ad un biglietto della metro di Milano campeggiano appena sotto la cassa.
Dopo la solita mezza dozzina di birrette ghiacciate del tardo pomeriggio, ci siam fatti tirare in mezzo dalla mangiata di carne che proponeva la casa, che ha saziato i nostri stomaci, stanchi dei soliti noodles, alla non certo modica cifra di 25$.
Degno di nota l'imbarazzante spettacolino organizzato dal cantante del paese (uno che ama cantare con una gallina appoggiata sulla testa) che ha unito canzoni popolari ad esilaranti gag cabarettistiche che han mandato in visibilio i nonni che componevano il 90% del pubblico (ovvero tutti tranne noi due).
Dopo una breve visita alla minuscola prigione del paese e un'altra mezza dozzina di birrette, siamo andati a nanna pronti per i 600 Km. finali che ci separavano ancora da Darwin.

Giorno 5: Da Daly Waters a Darwin.
Effettivamente devo ammettere che al quinto giorno di viaggio l'outback cominciava a rompere un po' i coglioni, ma, ancora una volta, ha riservato delle piacevoli soste, la prima delle quali è stata Pine Creek, paesello in cui ci siamo fermati del tutto casualmente per fare lo spuntino di mezzogiorno, che si è rivelato una ex città mineraria ai tempi della corsa all'oro. Dopo la pappa, obbligatoria la visita al sito dove sorgeva la miniera era quasi obbligatorio.
Proseguendo verso nord incontriamo Katherine, una delle 4 città (beh non esageriamo, chiamiamole "cittadine") degne di tal nome in tutto il Northern Territory, che segna a grandi linee la fine dell'outback. Trattasi di un torrido paesone in cui spicca in maniera evidente il fancazzismo degli aborigeni, che bighellonano scolandosi le loro birrette e cazzeggiando per tutta la città.
Ultimo stop lo facciamo nella riserva di Berry Springs, dove delle provvidenziali piscine naturali hanno contribuito a toglierci di dosso le 2 dita di polvere che ormai ci ricoprivano. A dire la verità, in teoria, le piscine di Berry Springs sono infestate dai coccodrilli, ma il caldo opprimente, unito alla temperatura perfetta dell'acqua, ci han convinto a battercene la fava dei coccodrilli. Nella nostra decisione c'è da dire che siamo stati incoraggiati dagli abitanti del posto, che non sembravano per nulla preoccupati dal fatto che dei lucertoloni lunghi fino a 7 metri potessero staccargli una gamba (nella migliore delle ipotesi).
E così eccoci finalmente a Darwin, capitale del Northern Territory, dove un caldo impossibile ci sta facendo pezzare come dei cani malati da almeno 2 giorni.
Al momento ci saranno almeno 35° e lo stesso tipo di caldo umido che caratterizza Milano al 15 di agosto, con la differenza che qua, in linea puramente teorica, siamo in inverno. In realtà, come già spiegato tempo fa, qua esiste la stagione delle piogge e quella secca, fa quindi un caldo fottuto tutto l'anno.
Ora siamo alla ricerca di un lavoro che finanzi i nostri prossimi giri a Broome, posto di mare e sole sulla costa settentrionale del Western Australia e, quando sarà la stagione giusta, a Uluru, meglio conosciuto come Ayers Rock, che sta ad un paio di migliaia di chilometri a sud di Darwin.
Alla prossima

* = Il road train è un camion gigante che percorre le zone desertiche australiane. Può avere fino a 4 rimorchi ed essere lungo quasi 55 metri.
** = "Mate" è una tipica parola australiana che si può tradurre più o meno come "fratello" o "compagno".

Nessun commento: