giovedì 23 settembre 2010

Se sei un randagio e tu lo sai batti le mani

Ogni tanto becchi in giro gente così zingara che ti fa sentire come uno che va in vacanza nei villaggi dell'Alpitour le due centrali d'agosto.
Ritornando in ostello da una passeggiata in giro per Dili, non posso fare a meno di fiondarmi al bar del cicciottello-inglese-capo-della-baracca per scolarmi un quantitativo x di birre (dove x è tendente a infinito), alchè mi unisco a Tom, Rhys e Mark, che, precedendomi, avevano fatto nel frattempo amicizia con un altro trio di scappati di casa.
Gli scappati di casa in questione sono dei francesi, che stavano narrando agli astanti le loro mirabolanti traversate in barca a vela dell'Oceano Pacifico e degli incredibili sbattimenti burocratici che una barca deve fare ogni volta che si avvicina alle coste indonesiane, tanto che stavano pensando di skippare a piè pari l'intero arcipelago e fare rotta verso l'India.
Devo ammettere che il mio primo pensiero è stato qualcosa del tipo: "ehi guavda qua i figli del papi che si fanno il givetto del mondo in bavca a vela con champagne e mignotte al seguito".
Inutile dire che mi sono rimangiato il pensiero tempo zero. State bene attenti: i tre giovincelli transalpini, lungi dall'essere figli del papi e/o membri dello Yacht Club di Montecavlo, sono in realtà degli studenti di Grenoble (città di mare almeno quanto Brescia, anzi peggio, almeno vicino Brescia c'è il lago) che una mattina si son svegliati e anzichè dire "bella ciaociaociao" si son detti: "vuoi vedere che adesso ci facciamo il giro del mondo in barca a vela?"
- "Certo mio caro amico" - dice il più sveglio dei tre - "ma noi siamo di Grenoble, siam gente di montagna, sappiamo a malapena come è fatta una barca e non abbiamo la minima idea di come guidarla. Io poi non ho neanche la patente della macchina!"
- "Pas des problems mon ami" - deve aver risposto quello di prima - "adesso ce ne andiamo un paio di settimane in Bretagna, chiediamo al primo peschereccio di insegnarci a manovrare una barca a titolo assolutamente gratuito e poi taaac, scatta la partenza!"
- "Oui oui" - insiste il guastafeste di turno - "e pour le bateu? E l'argent? Eh, dove cazzo lo prendiamo l'argent per fare i lupi di mare per un paio d'anni?"
- "Mais c'est elementaire, il governo francese sponsorizza con fior di quattrini dei progetti di ricerca di giovincelli universitari come noi. Adesso ce ne andiamo dalla commissione, li convinciamo che noi andiamo in giro a studiare gli effetti dei cambi climatici sui pescatori di tutto il mondo, prendiamo il malloppo e au revoir!"
Per quanto possa sembrare inverosimile, è più o meno così che è andata. Les garcons han comprato per una manciata di migliaia di euri un guscio di noce con attaccata una vela, l'han sistemata, han fatto scorta di carta da culo, cibo non deperibile e pastiglie per il mal di mare e son partiti. Hanno attraversato l'Atlantico, toccato il Sudamerica, passato Capo Horn, raggiunto Tahiti e li, con loro grande disappunto, si son dovuti fermare per tre mesi perchè le tempeste stagionali dell'Oceano Pacifico li avrebbero fatti affondare tempo zero. Le sfighe della vita!
Dopo 3 mesi di Polinesia i nostri eroi fan rotta verso la Nuova Zelanda, dove lavorano un po' e affinano le tecniche velistiche, ora hanno attraccato nella marina di Dili in attesa di proseguire.
Beh insomma per farla breve, dopo tutte ste avventure i Jacques Cousteau de noantri ci fanno notare che è decisamente ora di bere e ci invitano sul loro possente bastimento a tirare tardi a furia di birre e shot di Chartreuse che, uniti al piccolo, ma costante ondeggiamento della barchetta su cui eravamo, mi fa svomare anche dalle orecchie prima di quanto fosse auspicabile.
Bonne chance anche a loro!

Sulla barchetta dei francesi a bere, prima che la situazione degenerasse


Album collegato: Timor Est

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