Un Land Cruiser per amico
Una giornata avventurosa e piena di sorprese ci attende quando lasciamo l'East Timor Backpacker di Dili a metà mattinata: il piano iniziale prevedeva di percorrere la strada costiera che porta a ovest in prossimità del confine con l'Indonesia, per poi proseguire verso sud-est in direzione del Monte Ramelau, che avremmo dovuto scalare in serata, per poi goderci l'alba dalla sua vetta e ritornare a Dili percorrendo la strada che va verso nord attraverso le montagne in direzione Maubisse.
Clamorosamente sbagliamo tutto fin dal primo bivio dove, anzichè tirare dritti lungo la costa, giriamo verso sud, non si sa bene come, in direzione Gleno.
Certo, forse il fatto che ci stessimo arrampicando sulle montagne anzichè avere il mare alla nostra destra, avrebbe dovuto metterci in allarme ma ormai decidiamo di proseguire.
Oggi proprio non è proprio giornata per i bivi, ce ne accorgiamo ben presto quando tiriamo dritti verso non-si-sa-bene-dove anzichè girare a sinistra e ci troviamo a percorrere un sentiero strettissimo e fangoso che ci fa temere di rimanere impantanati più di una volta finchè finalmente troviamo un autoctono da cui riusciamo a farci capire e che ci spiega, a grandi linee, che abbiamo sbagliato tutto e che dobbiamo tornare indietro.
Fortunatamente le possenti quattro ruote motrici del Toyota non ci abbandonano nel momento del bisogno e riusciamo a ritornare su una strada relativamente decente entro breve.
Le indicazioni che ci vengono date successivamente da alcuni - supponiamo - medici di un minuscolo ospedale di un villaggio della zona sono contraddittorie: ci viene detto in pratica che la via che stiamo percorrendo è quella giusta e che le condizioni stradali sono buone, salvo poi sostenere che anche la strada che abbiamo appena percorso, quella stretta e fangosa, è in buone condizioni! Di lasciar perdere e tornare a Dili non se ne parla, ci inerpichiamo quindi ulteriormente sulle montagne nel cuore di Timor, avventurandoci in quello che pare sempre più un sentiero ogni chilometro che passa. Lo scenario è comunque mozzafiato: una fitta giungla avvolta dalle nubi fa da sfondo al nostro cammino e i rari villaggi che incontriamo sembrano perfino irreali.
Ci ostiniamo a chiedere indicazioni per Bobonaro, un villaggio che, scopriremo poi, è su tutt'altra strada rispetto a quella che stiamo facendo ora, riusciamo tuttavia a raggiungere un villaggio a valle, presumiamo Caliaco, pur non essendone per niente sicuri, che sembra l'inizio di un tratto di strada migliore di quello che ci apprestiamo a lasciare. Superatolo, ci rendiamo conto che quello che prima era poco più che un sentiero montano, si sta trasformando pian piano in una semplice traccia lasciata sul terreno da degli sparuti veicoli che sono passati da queste parti in precedenza.
Tutto si complica quando arriviamo a quello che probabilmente è il fiume Loes e ci troviamo davanti al primo guado della giornata.
La stagione è ancora quella secca, quindi fortunatamente attraversare il fiume non è un'impresa, il problema sta nel fatto che non abbiamo la minima idea di dove siamo, ne tantomeno di quale direzione prendere. Decidiamo di andare per esclusione: il primo sentiero percorso si rivela un semplice passaggio attraverso quelle che paiono delle risaie in secca. Guadiamo un piccolo torrente il cui ponte che collegava le due sponde pare essere collassato parecchi anni orsono, fino a che la strada diventa talmente corrugata e sassosa da farci realizzare di aver sbagliato tutto.
Non senza difficoltà torniamo indietro ad uno dei soliti bivi in cui abbiamo preso la direzione sbagliata e procediamo verso l'altra opzione, quella di destra.
L'opinione di un ragazzino che trasporta legna lungo il sentiero incoraggia la nostra scelta, anche se ci ostiniamo a chiedere la strada per Zumalai, che, tanto per cambiare, si trova da tutt'altra parte rispetto a dove siamo noi.
La strada, se così la si può definire, prosegue letteralmente nel letto sassoso del fiume per poi rientrare sulla sponda alla nostra destra mostrandoci un paesaggio da Alpi Svizzere, con mucche e bufali d'acqua a brucare su un prato dall'erba che pare appena tagliata da una falciatrice.
Manco fossimo gli 883 in "Rotta per casa di Dio", avvistiamo da lontano un cavalcavia: ci sarà un'autostrada la (shalala). Ovviamente non c'è nessun casello da attraversare, tantomeno un Autogrill, in effetti il "cavalcavia" è semplicemente un grosso ponte sul fiume, l'unico in condizioni decenti nel raggio di decine di chilometri, che raggiungeremo entro qualche minuto e dal quale inizia una strada asfaltata relativamente di recente che ci pare un'autostrada californiana dopo gli ultimi chilometri percorsi.
I villaggi che attraversiamo sono letteralmente d'altri tempi e se la gente del luogo non indossasse per il novanta percento delle orrende magliette di squadre di calcio inglesi, spagnole o italiane, avremmo l'impressione di essere tornati indietro di qualche secolo, all'epoca precedente alla colonizzazione portoghese. Le case sono in realtà semplici capanne in legno, arbusti e fogliame e la prova che da queste parti di forestieri ne passano ben pochi ce la danno le urla entusiaste con cui i ragazzini, ma anche gli adulti, ci salutano al nostro passaggio.
Dispensiamo "boa tarde" agli entusiasti autoctoni per svariati chilometri fino al raggiungimento, una mezz'ora abbondante dopo che ha fatto buio, della cittadina di Maliana, in cui passeremo la notte.
Clamorosamente sbagliamo tutto fin dal primo bivio dove, anzichè tirare dritti lungo la costa, giriamo verso sud, non si sa bene come, in direzione Gleno.
Certo, forse il fatto che ci stessimo arrampicando sulle montagne anzichè avere il mare alla nostra destra, avrebbe dovuto metterci in allarme ma ormai decidiamo di proseguire.
Oggi proprio non è proprio giornata per i bivi, ce ne accorgiamo ben presto quando tiriamo dritti verso non-si-sa-bene-dove anzichè girare a sinistra e ci troviamo a percorrere un sentiero strettissimo e fangoso che ci fa temere di rimanere impantanati più di una volta finchè finalmente troviamo un autoctono da cui riusciamo a farci capire e che ci spiega, a grandi linee, che abbiamo sbagliato tutto e che dobbiamo tornare indietro.
Fortunatamente le possenti quattro ruote motrici del Toyota non ci abbandonano nel momento del bisogno e riusciamo a ritornare su una strada relativamente decente entro breve.
Le indicazioni che ci vengono date successivamente da alcuni - supponiamo - medici di un minuscolo ospedale di un villaggio della zona sono contraddittorie: ci viene detto in pratica che la via che stiamo percorrendo è quella giusta e che le condizioni stradali sono buone, salvo poi sostenere che anche la strada che abbiamo appena percorso, quella stretta e fangosa, è in buone condizioni! Di lasciar perdere e tornare a Dili non se ne parla, ci inerpichiamo quindi ulteriormente sulle montagne nel cuore di Timor, avventurandoci in quello che pare sempre più un sentiero ogni chilometro che passa. Lo scenario è comunque mozzafiato: una fitta giungla avvolta dalle nubi fa da sfondo al nostro cammino e i rari villaggi che incontriamo sembrano perfino irreali.
Ci ostiniamo a chiedere indicazioni per Bobonaro, un villaggio che, scopriremo poi, è su tutt'altra strada rispetto a quella che stiamo facendo ora, riusciamo tuttavia a raggiungere un villaggio a valle, presumiamo Caliaco, pur non essendone per niente sicuri, che sembra l'inizio di un tratto di strada migliore di quello che ci apprestiamo a lasciare. Superatolo, ci rendiamo conto che quello che prima era poco più che un sentiero montano, si sta trasformando pian piano in una semplice traccia lasciata sul terreno da degli sparuti veicoli che sono passati da queste parti in precedenza.
Tutto si complica quando arriviamo a quello che probabilmente è il fiume Loes e ci troviamo davanti al primo guado della giornata.
La stagione è ancora quella secca, quindi fortunatamente attraversare il fiume non è un'impresa, il problema sta nel fatto che non abbiamo la minima idea di dove siamo, ne tantomeno di quale direzione prendere. Decidiamo di andare per esclusione: il primo sentiero percorso si rivela un semplice passaggio attraverso quelle che paiono delle risaie in secca. Guadiamo un piccolo torrente il cui ponte che collegava le due sponde pare essere collassato parecchi anni orsono, fino a che la strada diventa talmente corrugata e sassosa da farci realizzare di aver sbagliato tutto.
Non senza difficoltà torniamo indietro ad uno dei soliti bivi in cui abbiamo preso la direzione sbagliata e procediamo verso l'altra opzione, quella di destra.
L'opinione di un ragazzino che trasporta legna lungo il sentiero incoraggia la nostra scelta, anche se ci ostiniamo a chiedere la strada per Zumalai, che, tanto per cambiare, si trova da tutt'altra parte rispetto a dove siamo noi.
La strada, se così la si può definire, prosegue letteralmente nel letto sassoso del fiume per poi rientrare sulla sponda alla nostra destra mostrandoci un paesaggio da Alpi Svizzere, con mucche e bufali d'acqua a brucare su un prato dall'erba che pare appena tagliata da una falciatrice.
Manco fossimo gli 883 in "Rotta per casa di Dio", avvistiamo da lontano un cavalcavia: ci sarà un'autostrada la (shalala). Ovviamente non c'è nessun casello da attraversare, tantomeno un Autogrill, in effetti il "cavalcavia" è semplicemente un grosso ponte sul fiume, l'unico in condizioni decenti nel raggio di decine di chilometri, che raggiungeremo entro qualche minuto e dal quale inizia una strada asfaltata relativamente di recente che ci pare un'autostrada californiana dopo gli ultimi chilometri percorsi.
I villaggi che attraversiamo sono letteralmente d'altri tempi e se la gente del luogo non indossasse per il novanta percento delle orrende magliette di squadre di calcio inglesi, spagnole o italiane, avremmo l'impressione di essere tornati indietro di qualche secolo, all'epoca precedente alla colonizzazione portoghese. Le case sono in realtà semplici capanne in legno, arbusti e fogliame e la prova che da queste parti di forestieri ne passano ben pochi ce la danno le urla entusiaste con cui i ragazzini, ma anche gli adulti, ci salutano al nostro passaggio.
Dispensiamo "boa tarde" agli entusiasti autoctoni per svariati chilometri fino al raggiungimento, una mezz'ora abbondante dopo che ha fatto buio, della cittadina di Maliana, in cui passeremo la notte.
Da Maliana, la strada che riporta a Dili pare un paradiso rispetto a quelle percorse nei giorni precedenti. In effetti la via che costeggia le rive nord occidentali di Timor Est è una strada strategica, che unisce la capitale al confine con l'Indonesia ed è per questo ben mantenuta rispetto a quelle nel resto dell'isola. Copriamo i circa 200Km che separano Maliana da Dili nello spazio di una mattinata, per poi goderci un meritato rinfresco con annesso riposo nel pomeriggio.
Giuro che se mai dovessi comprami un fuoristrada, scelgo tutta la vita il Land Cruiser!
Giuro che se mai dovessi comprami un fuoristrada, scelgo tutta la vita il Land Cruiser!
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