Li sordi spesi mejo
Treno per Ulan Bator nel deserto dei Gobi |
Ulan Bator, Mongolia (Km.7005). Mi sveglio di buon ora. L'appuntamento è alla Stazione Centrale di Pechino per le 7.30, psicologicamente pronto alle quasi trenta ore sul treno che, dirigendosi verso nord, oltrepasserà il confine con la Mongolia fino alla sua capitale, Ulan Bator.
L'entusiasmo per la nuova fase di zingareggio è abbastanza smorzato dal giramento di palle per non essere riuscito ad applicare per il permesso di viaggio tibetano prima della partenza, il che significa dover rinunciare alla zingarata là sui monti con annette dove il cielo è sempre blu (cit.) al 99,9%, dato che al mio rientro in Cina non farò quasi sicuramente a tempo ad occuparmene.
Dopo la foto di rito davanti alla fiancata del treno su cui spicca la scritta in caratteri cirillici PECHINO-ULAN BATOR* si parte a velocità tutt'altro che sostenuta attraverso le provincie sempre più deserte dell'Hebei e della Mongolia Interna fino a raggiungere la frontiera intorno alle 20.30: la fase cinese del passaggio del confine è ovviamente la più complicata ed include il ritiro dei passaporti, la discesa dal treno ed una snervante attesa di 3 ore e mezzo nella squallida sala d'attesa della dogana, mentre nel frattempo vengono sostituiti i carrelli del treno con quelli adatti allo scartamento russo/mongolo, invece dall'altro lato del confine, i mongoli la fanno più breve e facile, sbrigando le loro formalità mentre noi aspettiamo direttamente svaccati sul treno.
Il treno arriva ad Ulan Bator con una puntualità svizzera alle 13.20 ed alla stazione ci facciamo intercettare senza opporre resistenza dalla simpatica capa del Golden Gobi, uno degli ostelli che ci eravamo segnati e che ci porterà a titolo assolutamente gratuito alla sua baracca e dove tempo zero risolveremo anche il principale grattacapo in terra mongola: trovare dei randagi che si smezzino le spese di un tour in giro per steppe, deserti e fregnacce varie.
Si da infatti il caso che ci siano due scappati di casa francesi in cerca di compari di viaggio per un 15 giorni di grezzismo militante dal costo proibitivo se si è in due, ma visto che a noi il giro sembra interessante, decidiamo di unirci alla combriccola dimezzando i costi pro-capite. Un'altra americana si unirà in seguito abbassando ulteriormente la spesa. Beh oddio, in realtà il conto è salato lo stesso in quanto partiranno un 600 neuri così come ridere (comprese altre spese , tipo il biglietto per tornare a Pechino) , però dai, per 14 giorni di trasporti, accomodation e cibo (3 pasti al giorno) ci può anche stare, alla fine è poco più del normale budget che avevo previsto anche per il resto della zingarata. E poi ho fatto una vita da recluso in Nuova Zelanda, risparmiando fino all'ultimo centesimo, proprio per non dovermela menare troppo coi soldi in momenti zingari come questi, ergo tutto sotto controllo.
Dopo la foto di rito davanti alla fiancata del treno su cui spicca la scritta in caratteri cirillici PECHINO-ULAN BATOR* si parte a velocità tutt'altro che sostenuta attraverso le provincie sempre più deserte dell'Hebei e della Mongolia Interna fino a raggiungere la frontiera intorno alle 20.30: la fase cinese del passaggio del confine è ovviamente la più complicata ed include il ritiro dei passaporti, la discesa dal treno ed una snervante attesa di 3 ore e mezzo nella squallida sala d'attesa della dogana, mentre nel frattempo vengono sostituiti i carrelli del treno con quelli adatti allo scartamento russo/mongolo, invece dall'altro lato del confine, i mongoli la fanno più breve e facile, sbrigando le loro formalità mentre noi aspettiamo direttamente svaccati sul treno.
Il treno arriva ad Ulan Bator con una puntualità svizzera alle 13.20 ed alla stazione ci facciamo intercettare senza opporre resistenza dalla simpatica capa del Golden Gobi, uno degli ostelli che ci eravamo segnati e che ci porterà a titolo assolutamente gratuito alla sua baracca e dove tempo zero risolveremo anche il principale grattacapo in terra mongola: trovare dei randagi che si smezzino le spese di un tour in giro per steppe, deserti e fregnacce varie.
Si da infatti il caso che ci siano due scappati di casa francesi in cerca di compari di viaggio per un 15 giorni di grezzismo militante dal costo proibitivo se si è in due, ma visto che a noi il giro sembra interessante, decidiamo di unirci alla combriccola dimezzando i costi pro-capite. Un'altra americana si unirà in seguito abbassando ulteriormente la spesa. Beh oddio, in realtà il conto è salato lo stesso in quanto partiranno un 600 neuri così come ridere (comprese altre spese , tipo il biglietto per tornare a Pechino) , però dai, per 14 giorni di trasporti, accomodation e cibo (3 pasti al giorno) ci può anche stare, alla fine è poco più del normale budget che avevo previsto anche per il resto della zingarata. E poi ho fatto una vita da recluso in Nuova Zelanda, risparmiando fino all'ultimo centesimo, proprio per non dovermela menare troppo coi soldi in momenti zingari come questi, ergo tutto sotto controllo.
Un gher (mongolia.it) |
Certo che pagare l'equivalente di 600 euri in Tughrik Mongoli - la temibile valuta locale - è un'impresa: la banconota più grande è da 20.000T (12 pleuri) e i bancomat, sempre che decidano di mungere il grano, non cacciano più di 400.000T alla volta quindi alla fine mi ritroverò a dover prelevare 3 volte e ad avere un mazzo di banconote improponibile (alla capa del tour non piace evidentemente avere la macchinetta dell'eftpos).
L'unico problema è che a sto punto sarò di ritorno a Pechino il primo giugno e di conseguenza si da l'addio ufficiale ai sogni tibetani per una pura questione di tempistiche strette fra una raffica di improperi irripetibili.
Comunque domani mattina all'alba si parte e sparirò dalla circolazione e dalla civiltà fino a fine mese: mi aspettano due settimane senza elettricità, internet, telefono, docce, acqua corrente e dove si dormirà solo in tenda o nei gher, le tipiche tende dei nomadi mongoli. Alla fine puzzerò come una capra, ma non vedo l'ora!
*Il cirillico è l'alfabeto con cui si scrive la lingua mongola
L'unico problema è che a sto punto sarò di ritorno a Pechino il primo giugno e di conseguenza si da l'addio ufficiale ai sogni tibetani per una pura questione di tempistiche strette fra una raffica di improperi irripetibili.
Comunque domani mattina all'alba si parte e sparirò dalla circolazione e dalla civiltà fino a fine mese: mi aspettano due settimane senza elettricità, internet, telefono, docce, acqua corrente e dove si dormirà solo in tenda o nei gher, le tipiche tende dei nomadi mongoli. Alla fine puzzerò come una capra, ma non vedo l'ora!
*Il cirillico è l'alfabeto con cui si scrive la lingua mongola
Nessun commento:
Posta un commento