domenica 17 giugno 2012

Borat - Studio culturale sul Kazakistan a beneficio della gloriosa nazione dell'Italia

Ventinove ore di pullman per fare meno di mille chilometri: non siamo ancora ai livelli delle vasche del Sudest Asiatico, ma ci è mancato poco che il relativamente breve tragitto che dall'ultima città cinese di Urumqi porta ad Almaty, in Kazakistan, diventasse un'odissea. Che poi fossero state 29 ore di viaggio potevo anche capire, ma che senso ha arrivare alla frontiera di Korgas alle 4 del mattino per poi aspettare fino a mezzogiorno in un parcheggio? E qualcuno mi spiega cosa cazzo stavamo aspettando per quattro ore sotto il sole, dopo aver sbrigato in tempi relativamente veloci, le formalità di frontiera cinesi e kazake? Mistero.
Per fortuna la compagnia era gradevole: niente più cinesi che ti guardano come se fossi un alieno chiedendosi se tieni sto cazzo di Esì Milàn, ma solo kazaki che fanno a gara per offrire pranzi, colazioni e per disquisire sulla carriera musicale di Celentano ("great italian singer!"), evidentemente anch'esso divenuto celebre nell'ex Unione Sovietica come Albano, Pupo e Toto Cutugno.
Non mancano anche le spasimanti, come Avgustina (si, con la V!), una simpatica quanto timida cicciottella che evidentemente non ha saputo resistere al mio innegabile fascino e che la madre voleva introdurmi in ogni modo: "guardi signora, lei è simpaticissima e tutto quanto, ma sua figlia" - la quale oltretutto ha 15 anni e pesa 2 quintali - "non la porto in Italia, mi spiace, senza rancore eh!"

Almaty, Kazakistan (Km.15.331). Ammettiamolo pure candidamente: prima di giungere ad Almaty, le uniche informazioni trapelate fino alle mie orecchie riguardo alla “gloriosa nazione del Kazakistan” venivano esclusivamente da quel capolavoro del cinema comico rispondente al nome di Borat, di conseguenza ecco cosa "sapevo" del Kazakistan: una terra popolata da gente povera, semi-primitiva, poco evoluta, ingorante, poco educata, razzista, dall'aspetto zingaro-trasandato, dedita a pratiche incestuose.
No fate quella faccia e soprattutto non venitemi a dire che avete un'immagine diversa nella vostra mente!
No, i kazaki NON sono così
Certo, parlando di cose serie, li ho letti anche io i racconti di altri viaggiatori capitati da ste parti prima di me, ma si sa che l'immagine è più forte della parola scritta, per cui se da un lato ero assolutamente convinto della sua falsità, dall'altro non riuscivo ad immaginarmi o aspettarmi niente di diverso da quanto visto nel film, un po' come quegli stranieri che pensano che l'Italia sia solo pizza, mafia e mandolino perchè hanno visto cento volte la trilogia del Padrino.
Fortunatamente – e come ampiamente preventivato – l'arrivo ad Almaty, dissipa ogni stereotipo borattiano: qua pare di essere in una qualsiasi città europea, con vialoni ordinati ed alberati, automobilisti che ti lasciano passare sulle striscie senza tentare di ammazzarti, che passano col verde e si fermano col rosso, che non suonano quel cazzo di clacson ad ogni metro, gente che butta i rifiuti nella pattumiera, che non scatarra per terra ad ogni occasione. Sembra incredibile che la frontiera cinese sia a meno di 350km di distanza, qui è un altro pianeta!
I kazaki poi. Parliamo dei kazaki. Appurato che la popolazione di qua non indossa mankini, non ha grossi baffi neri e non è composta da ritardati dall'aspetto grottesco, bisogna fare una puntualizzazione sul termine “kazaki”: i kazaki intesi come cittadini del Kazakistan sono composti da varie etnie, principalmente russi e kazaki (intesi come etnia), che sono chiaramente di origine mongola in quanto tradizionalmente ne ereditano l'aspetto fisico ed alcune usanze, come per esempio il nomadismo e la costruzione delle capanne tipiche chiamate Yurta già viste nello zingarismo in Mongolia. Il miscuglio di razze oltretutto li rende mediamente di aspetto gradevole e pure l'ultimo stereotipo, quello secondo cui sono dei pezzenti trasandati, viene sfatato camminando per le pulitissime vie dell'ex-capitale, in cui ci sono bei palazzi, grosse macchine e gente vestita bene.
Parliamoci chiaro, il più pezzente di Almaty sono io!
Che questi stanno messi decisamente bene in quanto a stile di vita lo si vede anche dai locali in giro per la città, che pullula di lounge bar imbottiti di fighette vestite tutte in tiro, in cui servono cocktails dai prezzi improponibili con sottofondo di musica chillout e camerieri in uniforme che parlano inglese e ti pettinano al momento di presentare il conto.

No, Almaty NON ha questo aspetto
Tutto molto bello quindi, il problema consiste solo nel rimanere nel budget prestabilito e la logica avrebbe voluto che me ne andassi al più presto in cerca di posti più cheap e l'avrei fatto se non fosse che:
1) Ho passato i primi 3 giorni cercando di espellere in ogni modo lo schifo che mi sono magnato dal fregnacciaro alla frontiera con la Cina (dio lo fulmini!)
2) La missione almatyana prevedeva anche una sortita verso l'ambasciata iraniana per vedere di rimediare un visto, ma questa è stata trasferita di recente nella nuova capitale Astana, però per fortuna c'è anche un consolato iraniano, il quale è l'unico al mondo che non emette visti, e allora sono dovuto andare all'ufficio di Mohammed che lui è quello-che-fa-i-visti, il quale però dice che niente lettera d'invito dal Ministero di Staminchia Iraniano, niente visto. E allora vai alla ricerca di qualcuno che abbia contatti con sto ministero e che mi faccia avere sta cazzo di lettera e me la spedisca all'ambasciata di Tashkent, in Uzbekistan, dove fra 3 settimane FORSE, se Allah vuole, mi daranno l'agognato sticker. (Altri 3 giorni persi per questa trafila)
3) In ogni caso non posso andare troppo lontano, in quanto il mio visto per l'Uzbekistan non è valido prima del 25 giugno, quindi tanto vale andare a farsi una capatina in sta famosa nuova capitale, dall'architettura futuristica e allora io che faccio? Prendo il treno e vengo da te, mia cara Astana, anche se devo ammettere che se non fosse per Tanya, una kazaka che parla italiano incontrata alla biglietteria della stazione, sarei ancora nella suddetta a cercare di comprare un biglietto, perchè da bravo furbo mi ero dimenticato il mio bel frasario russo e non ci stavo capendo un cazzo.
Ci sentiamo da Astana quindi!

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