Ah, l'Uzbekistan nord-occidentale...
Bukhara, Uzbekistan (Km 20041). Non ci sarà la fanfara ad accogliermi alla stazione di Bukhara al termine del breve viaggio da Samarcanda, ma al suo posto posso contare sulla presenza di 50°C che trasformano l'ex capitale dell'omonimo Khanato in una fornace a cielo aperto.
Come a Samarcanda, il pezzo forte del luogo sono le innumerevoli moschee, medressa (scuole coraniche) ed altri edifici storici come l'Ark - il palazzo del Khan - che tra l'altro non si può manco visitare perchè è chiuso per restauri, a meno di non corrompere una guardia ingolosendola con 10.000 som ovviamente.
A differenza però di Samarcanda, Bukhara appare più autentica: nella prima città sembrava di stare in un museo - tutto pulito, tutto restaurato, tutto in ordine – qua invece le strade sterrate, la polvere e le capre che vanno a zonzo per la città, fanno sembrare il tutto meno pre-confezionato. Certo manca ancora qualcosa, chessò, un muezzin che ti rompe le palle alle 5 del mattino, ma che avrebbe dato il tocco finale, invece sfortunatamente per l'atmosfera - ma fortunatamente per il mio sonno - i muezzin paiono banditi per legge dall'Uzbekistan (per evitare estremismi, mi dicono. Bah!) per cui niente Allah akhbar per noi.
Anche a sto giro l'ho fatta fuori dal vaso
Ritornando a temi più pratici, il soggiorno Bukharese (bukhariano? Whatever...) è stato sfruttato anche per ricalcolare e ridurre drasticamente il budget di viaggio, clamorosamente sfondato per il secondo mese di fila grazie – si fa per dire – ai costi proibitivi sostenuti in Kazakistan.
Certo, potevo anche risparmiare i 50 dollari spesi in memorabilia sovietica (una bandiera, una fibbia, qualche rublo ed uno stendardo double-face col faccione di Lenin sul fronte e i gli stemmi delle 15 repubbliche sul retro), ma il mio feticismo per i regimi comunisti (pur NON essendo io stesso comunista, tengo a precisare) pare conoscere limiti solo di fronte all'estratto conto della banca che a momenti mi faceva pigliare un colpo.
Per cui: budget ridotto a 20USD (non euro!) al giorno, divieto più assoluto di aquisto di qualsivoglia articolo sovietico, drastica riduzione delle provvidenziali birrette rinfrescanti e, su caldo suggerimento dell'australiana randagia quarantenne, inizio della pratica del couchsurfing, che per chi non lo sapesse, è l'antica arte di scroccare senza pietà accomodation a privati cittadini i quali offrono il proprio divano/letto/terrazzo/vasca da bagno a titolo assolutamente gratuito.
La pratica mi ha sempre fatto prendere abbastanza male (odio l'idea di andare in casa di gente sconosciuta, soprattutto se non sono invitato), ho infatti sempre preferito il caro vecchio ostello, ma pare che l'Iran pulluli di giovini ansiosi di conoscere/ospitare occidentali, senza contare poi che davanti a ristrettezze economiche c'è poco da fare i menosi.
Khiva, Uzbekistan (Km 20508). La tappa successiva è Khiva, città piena di fascino e storia nell'Uzbekistan nord-occidentale, ad un tiro di sputo dal confine col Turkmenistan. Il piano di raggiungere Khiva in treno via Urgench viene stroncato fin dall'inizio dalla bigliettaia alla stazione: in questo periodo non ci sono abbastanza passeggeri che vanno da quella parte, per cui niente treni!
Le alternative rimangono due: shared taxi, oppure prendere al volo uno dei bus di linea che passano da Bukhara - non si sa bene quando - sulla rotta Tashkent-Urgench e quando dico prendere al volo intendo proprio mettersi a bordo della strada sotto un sole assassino e fermare i pullman con un cenno di mano e sperare che questi abbiano un posto che gli avanza.
Alla vigilia della partenza l'intero ostello dove alloggio viene sfrattato con un preavviso di 10 minuti, in quanto la capa della baracca deve tornare al villaggio suo per un affare urgente e non può lasciarci li. Oltretutto era due giorni che litigava col marito (urla, cellulari che volano, insulti...) per cui questo se ne è andato chissà dove e non può nemmeno sostituirla. Ah, gli ostelli a gestione familiare...
Questo fa si che anche chi voleva rimanere un giorno in più a Bukhara, decida di partire, ci troviamo quindi in 10 alla stazione dei taxi-bus, dove io sono fermamente deciso a percorrere la strada del bus-preso-al-volo, venendo però freddato dall'amara realtà: i bus passano tra le 3 e le 6 del mattino, per cui o condivido un taxi con gli altri, o ritorno in città per poi riprovarci il giorno dopo. Ovviamente opto per il taxi – alla faccia del budget ridotto – che vuole 20 dollari a cranio per percorrere i 470Km che portano a Khiva, che se vogliamo non è un cazzo, ma in un ottica di risparmio sfrenato è un prezzo folle.
(Piccola curiosità da chissenefrega: il nostro taxi, così come praticamente ogni auto in Uzbekistan, è una Daewoo/Chevrolet Nexia. Questo perchè esse vengono prodotte in uno stabilimento vicino Tashkent e vengono vendute senza la tassa d'importazione che vige su ogni altra auto e che ammonta al 100% del valore di mercato. Popolarissima è anche la Matiz, mentre circolano in misura minore altre auto, ma sempre e comunque Daewoo made in Uzbekistan. Le uniche auto prodotte all'estero paiono essere le vecchie Lada russe che girano dai tempi dell'URSS).
Il tragitto attraverso il terribile Kyzylkum Desert è, per un'amante dei deserti come me, molto piacevole. Questo è un deserto vero: arido, bollente, inospitale, polveroso; con la sabbia che fagocita larghi tratti di un manto stradale che non vede manutenzione umana da almeno 3 decenni. La strada peggiora sempre più man mano che la si percorre, con innumerevoli automobili, camion e bus fermi ai lati della strada per guasti o forature, con il nostro tassinaro che rischia incidenti frontali ad ogni chilometro perchè, per evitare le buche, è costretto ad invadere quella che in teoria è l'altra corsia, mentre in realtà non esiste un'altra corsia: ce n'è solo una ed è di tutti.
Arrivo a Khiva con 3 dita di polvere addosso ed un caldo pazzesco che ancora una volta impedisce categoricamente di mettere il naso fuori dalla porta da mezzogiorno alle 5 del pomeriggio, tanto che perfino il ricordo delle estati milanesi mi rinfresca. Mi sa che è proprio ora di bersi una birretta gelida!
Come a Samarcanda, il pezzo forte del luogo sono le innumerevoli moschee, medressa (scuole coraniche) ed altri edifici storici come l'Ark - il palazzo del Khan - che tra l'altro non si può manco visitare perchè è chiuso per restauri, a meno di non corrompere una guardia ingolosendola con 10.000 som ovviamente.
Bukhara, Uzbekistan 3 del pomeriggio del 2/7/2012 |
Anche a sto giro l'ho fatta fuori dal vaso
Ritornando a temi più pratici, il soggiorno Bukharese (bukhariano? Whatever...) è stato sfruttato anche per ricalcolare e ridurre drasticamente il budget di viaggio, clamorosamente sfondato per il secondo mese di fila grazie – si fa per dire – ai costi proibitivi sostenuti in Kazakistan.
Certo, potevo anche risparmiare i 50 dollari spesi in memorabilia sovietica (una bandiera, una fibbia, qualche rublo ed uno stendardo double-face col faccione di Lenin sul fronte e i gli stemmi delle 15 repubbliche sul retro), ma il mio feticismo per i regimi comunisti (pur NON essendo io stesso comunista, tengo a precisare) pare conoscere limiti solo di fronte all'estratto conto della banca che a momenti mi faceva pigliare un colpo.
Per cui: budget ridotto a 20USD (non euro!) al giorno, divieto più assoluto di aquisto di qualsivoglia articolo sovietico, drastica riduzione delle provvidenziali birrette rinfrescanti e, su caldo suggerimento dell'australiana randagia quarantenne, inizio della pratica del couchsurfing, che per chi non lo sapesse, è l'antica arte di scroccare senza pietà accomodation a privati cittadini i quali offrono il proprio divano/letto/terrazzo/vasca da bagno a titolo assolutamente gratuito.
La pratica mi ha sempre fatto prendere abbastanza male (odio l'idea di andare in casa di gente sconosciuta, soprattutto se non sono invitato), ho infatti sempre preferito il caro vecchio ostello, ma pare che l'Iran pulluli di giovini ansiosi di conoscere/ospitare occidentali, senza contare poi che davanti a ristrettezze economiche c'è poco da fare i menosi.
Khiva, Uzbekistan (Km 20508). La tappa successiva è Khiva, città piena di fascino e storia nell'Uzbekistan nord-occidentale, ad un tiro di sputo dal confine col Turkmenistan. Il piano di raggiungere Khiva in treno via Urgench viene stroncato fin dall'inizio dalla bigliettaia alla stazione: in questo periodo non ci sono abbastanza passeggeri che vanno da quella parte, per cui niente treni!
Guida nel Kyzylkum Desert |
Alla vigilia della partenza l'intero ostello dove alloggio viene sfrattato con un preavviso di 10 minuti, in quanto la capa della baracca deve tornare al villaggio suo per un affare urgente e non può lasciarci li. Oltretutto era due giorni che litigava col marito (urla, cellulari che volano, insulti...) per cui questo se ne è andato chissà dove e non può nemmeno sostituirla. Ah, gli ostelli a gestione familiare...
Questo fa si che anche chi voleva rimanere un giorno in più a Bukhara, decida di partire, ci troviamo quindi in 10 alla stazione dei taxi-bus, dove io sono fermamente deciso a percorrere la strada del bus-preso-al-volo, venendo però freddato dall'amara realtà: i bus passano tra le 3 e le 6 del mattino, per cui o condivido un taxi con gli altri, o ritorno in città per poi riprovarci il giorno dopo. Ovviamente opto per il taxi – alla faccia del budget ridotto – che vuole 20 dollari a cranio per percorrere i 470Km che portano a Khiva, che se vogliamo non è un cazzo, ma in un ottica di risparmio sfrenato è un prezzo folle.
(Piccola curiosità da chissenefrega: il nostro taxi, così come praticamente ogni auto in Uzbekistan, è una Daewoo/Chevrolet Nexia. Questo perchè esse vengono prodotte in uno stabilimento vicino Tashkent e vengono vendute senza la tassa d'importazione che vige su ogni altra auto e che ammonta al 100% del valore di mercato. Popolarissima è anche la Matiz, mentre circolano in misura minore altre auto, ma sempre e comunque Daewoo made in Uzbekistan. Le uniche auto prodotte all'estero paiono essere le vecchie Lada russe che girano dai tempi dell'URSS).
Il tragitto attraverso il terribile Kyzylkum Desert è, per un'amante dei deserti come me, molto piacevole. Questo è un deserto vero: arido, bollente, inospitale, polveroso; con la sabbia che fagocita larghi tratti di un manto stradale che non vede manutenzione umana da almeno 3 decenni. La strada peggiora sempre più man mano che la si percorre, con innumerevoli automobili, camion e bus fermi ai lati della strada per guasti o forature, con il nostro tassinaro che rischia incidenti frontali ad ogni chilometro perchè, per evitare le buche, è costretto ad invadere quella che in teoria è l'altra corsia, mentre in realtà non esiste un'altra corsia: ce n'è solo una ed è di tutti.
Arrivo a Khiva con 3 dita di polvere addosso ed un caldo pazzesco che ancora una volta impedisce categoricamente di mettere il naso fuori dalla porta da mezzogiorno alle 5 del pomeriggio, tanto che perfino il ricordo delle estati milanesi mi rinfresca. Mi sa che è proprio ora di bersi una birretta gelida!
1 commento:
Una birretta??ma non te la puoi permettere:-)
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