Lavùra tut el dì e 'l pistola sun semper mi
Shiraz, Iran (Km.25864). Quando lasciai senza rimpianti i meravigliosi lidi (?) del lavoro impiegatizio milanese anni orsono, mai avrei pensato di ritornare in un ufficio ad eseguire il medesimo mestiere... in Iran.
Ma cominciamo dall'inizio: riuscire a defilarsi per 30 secondi filati dal proprio host iraniano in modo da riuscire a contattare qualcuno da cui farsi ospitare nella città successiva si rivela molto spesso difficile ed è così che, al momento di lasciare la città di Yazd - storico centro nel mezzo del deserto - in direzione Shiraz, mi ritrovo senza alcun numero da contattare per scrocchignolare una branda e scambiare le solite chiacchiere coi simpatici locals.
Poco male – mi dico – vorrà dire che a sto giro mi tocca andare in ostello e per l'occasione scelgo di puntare a quello che la Lonely Planet descrive come un tetro bivacco di pellegrini rigorosamente maschi in cui però non si dovrebbero spendere più di 2-3 dollari a notte.
Arrivato a destinazione ovviamente dell'ostello sopracitato non v'è nemmeno l'ombra, alchè vengo intercettato da A., un simpatico giovincello locale che me lo fa vedere luuuuuui un buon ostello.
Lo seguo e già nella mia mente piena di preconcetti ereditati del resto dell'Asia (se qualcuno ti tira in mezzo al 99% vuole venderti qualcosa) sto pensando a come levarmelo dai piedi, soprattutto quando mi dice che è una guida turistica, facendo quindi scattare l'”allarme-asciugo”.
In realtà l'aiuto del simpatico amico è del tutto disinteressato, vengo così alloggiato in quello che è probabilmente l'ostello più pettinato di tutto l'Iran dove il piano era di passare un paio di giorni per vedere le quattro fregnacce della città e le rovine di Persepoli nelle vicinanze.
Purtroppo per i miei piani però commetto l'errore di confessare al capo della baracca che in un passato remoto ho avuto a che fare con siti web ed affini il che, unito al fatto che sono l'unico italiano che abbia mai incontrato a saper esprimere un concetto in lingua inglese che va al di la di “de pen is on de teibol”, fa scattare la proposta indecente: ingaggiare la mia persona per 2-3 giorni in cambio di vitto, alloggio ed una manciata di dollari americani in cambio della traduzione in italiano del loro sito web più la revisione dei disastrati testi del sito di un altro suo business turistico.
Nonostante il fatto che per la cifra offertami - in qualsiasi altra parte del mondo - non avrei nemmeno accettato di puntare la sveglia al mattino e nonostante sia in ritardo clamoroso sulla tabella di marcia verso il rientro a casa, previsto in teoria per metà agosto (seee, come no!) decido che la cosa si può fare per le seguenti ragioni:
1) Il rientro al 15 agosto era strettamente legato ad una questione economica. Il fatto di poter rimanere a Shiraz qualche giorno in più a costo zero, venendo in più pagato per il disturbo, è un buon motivo per posticipare il rientro nella lugubre Padania.
2) I soldi, per quanto pochi, mi permettono di coprire le spese di almeno due settimane in un posto come l'Iran, il quale non è esattamente il paese più dispendioso della terra, soprattutto se si considera l'abbattimento a zero dei costi di accomodation (scroccata) e birra (proibitissimissima).
3) L'ostello è bello e pullula di giovinastri amichevoli di ogni nazionalità per cui ci rimango volentieri.
Certo che ritornare a fare un qualsiasi lavoro a 4 mesi di distanza dall'ultimo svolto è una mazzata, tornare in un ufficio per fare più o meno quello che con tanta gioia avevo abbandonato è poi ancora peggio, ma ehi, oggi ho già finito ed è quindi ora di schiodarsi verso la prossima tappa: Esfahan.
Ma cominciamo dall'inizio: riuscire a defilarsi per 30 secondi filati dal proprio host iraniano in modo da riuscire a contattare qualcuno da cui farsi ospitare nella città successiva si rivela molto spesso difficile ed è così che, al momento di lasciare la città di Yazd - storico centro nel mezzo del deserto - in direzione Shiraz, mi ritrovo senza alcun numero da contattare per scrocchignolare una branda e scambiare le solite chiacchiere coi simpatici locals.
Poco male – mi dico – vorrà dire che a sto giro mi tocca andare in ostello e per l'occasione scelgo di puntare a quello che la Lonely Planet descrive come un tetro bivacco di pellegrini rigorosamente maschi in cui però non si dovrebbero spendere più di 2-3 dollari a notte.
Arrivato a destinazione ovviamente dell'ostello sopracitato non v'è nemmeno l'ombra, alchè vengo intercettato da A., un simpatico giovincello locale che me lo fa vedere luuuuuui un buon ostello.
Lo seguo e già nella mia mente piena di preconcetti ereditati del resto dell'Asia (se qualcuno ti tira in mezzo al 99% vuole venderti qualcosa) sto pensando a come levarmelo dai piedi, soprattutto quando mi dice che è una guida turistica, facendo quindi scattare l'”allarme-asciugo”.
In realtà l'aiuto del simpatico amico è del tutto disinteressato, vengo così alloggiato in quello che è probabilmente l'ostello più pettinato di tutto l'Iran dove il piano era di passare un paio di giorni per vedere le quattro fregnacce della città e le rovine di Persepoli nelle vicinanze.
Purtroppo per i miei piani però commetto l'errore di confessare al capo della baracca che in un passato remoto ho avuto a che fare con siti web ed affini il che, unito al fatto che sono l'unico italiano che abbia mai incontrato a saper esprimere un concetto in lingua inglese che va al di la di “de pen is on de teibol”, fa scattare la proposta indecente: ingaggiare la mia persona per 2-3 giorni in cambio di vitto, alloggio ed una manciata di dollari americani in cambio della traduzione in italiano del loro sito web più la revisione dei disastrati testi del sito di un altro suo business turistico.
Nonostante il fatto che per la cifra offertami - in qualsiasi altra parte del mondo - non avrei nemmeno accettato di puntare la sveglia al mattino e nonostante sia in ritardo clamoroso sulla tabella di marcia verso il rientro a casa, previsto in teoria per metà agosto (seee, come no!) decido che la cosa si può fare per le seguenti ragioni:
1) Il rientro al 15 agosto era strettamente legato ad una questione economica. Il fatto di poter rimanere a Shiraz qualche giorno in più a costo zero, venendo in più pagato per il disturbo, è un buon motivo per posticipare il rientro nella lugubre Padania.
2) I soldi, per quanto pochi, mi permettono di coprire le spese di almeno due settimane in un posto come l'Iran, il quale non è esattamente il paese più dispendioso della terra, soprattutto se si considera l'abbattimento a zero dei costi di accomodation (scroccata) e birra (proibitissimissima).
3) L'ostello è bello e pullula di giovinastri amichevoli di ogni nazionalità per cui ci rimango volentieri.
Certo che ritornare a fare un qualsiasi lavoro a 4 mesi di distanza dall'ultimo svolto è una mazzata, tornare in un ufficio per fare più o meno quello che con tanta gioia avevo abbandonato è poi ancora peggio, ma ehi, oggi ho già finito ed è quindi ora di schiodarsi verso la prossima tappa: Esfahan.
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